Canyoning, a processo l'istruttore padovano "abusivo" che si spacciava per guida alpina

Torrentismo
PONTE NELLE ALPI - Avrebbe accompagnato dei gruppi a fare canyoning (torrentisimo), ovvero la discesa di torrenti e di strette gole scavate da corsi d’acqua,...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

PONTE NELLE ALPI - Avrebbe accompagnato dei gruppi a fare canyoning (torrentisimo), ovvero la discesa di torrenti e di strette gole scavate da corsi d’acqua, improvvisandosi guida professionale. Per la Procura avrebbe esercitato abusivamente la professione di guida alpina. È con questa accusa che Federico Pegoraro, 50enne residente a Padova è finito alla sbarra in Tribunale a Belluno. Al centro della vicenda, che sarà ricostruita in aula, un’uscita avvenuta il 28 luglio del 2018 a Ponte nelle Alpi. Pegoraro, con un altra persona rimasta ignota, avrebbe accompagnato un gruppo di escursionisti, per conto dell’associazione vicentina “Onda Selvaggia”. 


L’attività di torrentismo quel giorno era avvenuta in località La Secca, sul torrente “Rio Maggiore”. Nell’imputazione si ricorda che quel tipo uscita «prevede l’utilizzo di corde, moschettoni, imbragatura, e l’impiego di tecniche alpinistiche per il superamento in sicurezza di passaggi impervi». La Procura che ha rinviato a giudizio per esercizio Pegoraro sottolinea come per questo tipo di attività sia «necessaria una speciale abilitazione dello Stato e l’iscrizione dnell’apposito albo professionale» di guida alpina.
Ieri mattina il caso è approdato in aula, di fronte al giudice Gianmarco Giua. Il collegio guide alpine del Veneto si è costituito parte civile con l’avvocato Carlotta Traballi di Padova. Dal 27 settembre si entrerà nel vivo: una quindicina i testimoni chiamati in aula. Tra questi anche la guida alpina abilitata al canyoning che era stata contattata in prima istanza dall’associazione, che poi ha chiamato Pegoraro che si è di fatti improvvisato guida. 

La legge 6 del 02/01/1989 stabilisce infatti che l’insegnamento e l’accompagnamento nelle attività che prevedono l’uso di tecniche e attrezzature alpinistiche siano riservate alle guide alpine. E le stesse guide alpine per canyoning devono avere un’ulteriore abilitazione. È in gioco la sicurezza delle persone: non sono mancati in passato incidenti anche mortali. Il Tribunale di Belluno con una sentenza che ha fatto scuola, si è dimostrato molto severo con chi opera abusivamente come guida alpina. E da allora il Collegio regionale sta portando avanti la sua battaglia contro gli abusivi. Accompagnare persone in ambienti potenzialmente pericolosi, spiegava la sentenza, vuol dire anche assumersi la responsabilità di proteggere queste persone: farlo senza le qualifiche necessarie non può essere considerata una infrazione lieve.
  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino