"Tiramesù", il manager che ha portato il vanto della cucina italiana a Miami

Graziano Sbroggiò
Un tempo, arrivati a Miami, tutti i turisti americani si precipitavano in Calle Ocho, la via degli esuli da Cuba a Little Havana, per mangiare al Versailles o bere un mojito a...

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Un tempo, arrivati a Miami, tutti i turisti americani si precipitavano in Calle Ocho, la via degli esuli da Cuba a Little Havana, per mangiare al Versailles o bere un mojito a Casa Panza Bar con un cuban sandwich a base di prosciutto, maiale arrostito, formaggio e mostarda. In realtà quel tipo di cucina è soltanto cuban sounding: ne ha il nome, ma è un mix di piatti caraibici, messicani, texani. Da quando Obama ha riaperto i voli per l'Avana, gli americani hanno scoperto che la cucina dell'isola è molto diversa e si sono rivolti ai ristoranti italiani: nella capitale della Florida operano imprenditori di successo, chef celebrati, bartender corteggiati nei party delle super-ville lungo la Biscayne Bay. Il fiorire delle insegne italiane è impressionanti: Pane e Vino, Osteria del Teatro, Pinocchio, Dolce, Pappa & Ciccia, Spris, Mare Mio e così via. 


Tra i giovani svetta Giorgio Rapicavoli (famiglia piemontese), mentre non potevamo, di passaggio a Miami, non fare tappa al Tiramesù dell'imprenditore veneto Graziano Sbroggiò: è da 25 anni in Florida arrivato da Treviso come manager di un ristorante - e ha fondato il Graspa Group, che ha otto locali, tra bistro, panetteria, caffè. Tutto nacque nel 1988, quando Francesco e Andrea Fregonese decisero di aprire un ristorante dandogli il nome del dessert reso famoso da Treviso anche a Miami si è festeggiato il #tiramisuday che ora fa parte del gruppo gestito da Sbroggiò, con la socia, la lombarda Valeria Longoni. 

Spiega Valeria: «Dal 2015 siamo a Miami South, abbiamo spostato la sede dalla Lincoln alla One Road. Agli americani piace questo nome, anche se credono che sia sbagliato lo spelling, non sanno che questa è la versione in trevigiano del dolce italiano più famoso al mondo. E qui vengono anche per chiedere in tavola la milanese e la nostra pasta».  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino