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Le eccezioni sono pochissime, peraltro figlie di ragioni tecniche (poco spazio fisico nelle università) e non di una convinzione morale di fondo. Il resto è un fronte compatto, fatto di studenti costretti a rimanere in coda al caldo solo per sognare un posto a Medicina ma convinti che quell’esame “maledetto” sia definitivamente da consegnare al passato. Erano centinaia, ieri mattina alla Fiera di Pordenone, i candidati del “concorsone”. Di posti disponibili l’Università di Trieste ne mette a disposizione 180 in Medicina e 40 in Odontoiatria. Nello stesso momento, a Udine, altri ragazzi in coda per il medesimo motivo, con 150 studenti che potranno iniziare gli studi all’Ateneo su poco meno di 400 candidati. La maggior parte di chi ieri ci ha provato, insomma, dovrà ripresentarsi più avanti oppure rinunciare. Ed è la ragione per la quale tra i ragazzi il sentimento dominante era quello della protesta. «È arrivato il momento di abolire definitivamente il test d’ingresso - dice Ilenia, appunti in mano e aria tesa -. C’è bisogno di medici in tutta Italia e siamo costretti ad andare a prenderli dall’estero. Rischiamo di perdere tanti bravi professionisti del futuro, magari per una domanda di storia o cultura generale». E la proposta che arriva dalla viva voce dei candidati è più o meno una sola: «La scrematura la si faccia al primo anno accademico - dice Davide -. Chi non regge il ritmo degli esami e la complessità della materia lascerà da solo gli studi. Non si decida di sbarrare la porta d’ingresso incondizionatamente. Non è giusto». Solo qualcuno fa notare il fatto che «mancherebbero fisicamente gli spazi per accogliere tutti i candidati nelle università». Il resto è un coro di proteste, a pochi minuti da un esame che c’è ancora e che deciderà il futuro di centinaia di ragazzi.
LE SPECIALIZZAZIONI
C’è poi la preferenza per una o l’altra specialità.
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Il Gazzettino