La Pedemontana continua a tremare: 21 scosse in 40 ore

VALDOBBIADENE - Una sequenza scandita da 21 scosse nell’arco di quaranta ore, tutte concentrate in una ristretta area pedemontana, tra Segusino, Valdobbiadene e Miane, in...

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VALDOBBIADENE - Una sequenza scandita da 21 scosse nell’arco di quaranta ore, tutte concentrate in una ristretta area pedemontana, tra Segusino, Valdobbiadene e Miane, in Alta Marca Trevigiana lungo la dorsale prealpina. E dopo quella principale di magnitudo 3,7 delle 2.45 di martedì, 28 settembre, a cui un minuto più tardi era seguita una scossa di 3,5, ieri alle 16.20 la terra è tornata a tremare: un terremoto di magnitudo 3,5 con epicentro in territorio di Valdobbiadene, tra il Monte Orsere e il Colle Toront. Una scossa che ha riportato la gente in strada e che è stata avvertita anche nel vicino Bellunese e in Destra Piave. E poi, due ore dopo, alle 18.14, un’ulteriore scossa di magnitudo 1,6 con epicentro sopra al Col Miotto in territorio segusinese. La scossa delle 16.20 è stata rilevata in loco dalla rete temporanea di sensori collocata martedì dai tecnici della Regione insieme a quelli del Centro di Ricerche Sismologiche dell’Ogs di Trieste, ente che in rete con l’Ingv si occupa del monitoraggio sismico di Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Terremoto, la geologa avverte: «Bisogna essere preparati, succederà ancora»

Oltre a Miane, nel trevigiano, i dispositivi sono stati collocati nel vicino bellunese a Quero, Feltre e nel Comune di Borgo Val Belluna. «La scossa di magnitudo 3,5 di mercoledì pomeriggio ha caratteristiche analoghe per magnitudo, profondità e localizzazione a quella delle 2.45 – spiega il sismologo Pier Luigi Bragato dell’Ogs -. Anche l’entità dello scuotimento è simile». Tra martedì e ieri sono stati individuati e localizzati 21 terremoti di magnitudo compresa tra 0,1 e 3,7. «Dopo la scossa delle 6.26 di martedì mattina, la sequenza – prosegue Bragato – si era apparentemente bloccata, per ripartire alle 16.20 con un evento particolarmente grosso».


L’AREA 


Episodi ovviamente non nuovi per questo territorio classificato con un livello sismico 2, che sale a 1 – il più alto – nell’area del Vittoriese. «Siamo in zona a rischio sismico – ricorda l’assessore regionale alla protezione civile Gianpaolo Bottacin -. C’era stata di recente un’attività sismica, che era sotto osservazione, nella vicina zona di Pieve di Soligo, ma a quanto emerso le scosse di martedì e di ieri non sono collegate». Episodi con simile magnitudo si erano registrati, sempre nell’area di Valdobbiadene, nel 2015. «Al momento – aggiornava ieri in serata Bragato – siamo a livelli di sismicità bassa, ma dobbiamo ricordarci che siamo in una zona dove ci sono diverse faglie di una certa dimensione e quindi siamo in un’area ad elevata pericolosità nel contesto veneto». Stando alle ipotesi dei geologi, che ancora non sanno dove sia avvenuto il punto di rottura, la faglia che avrebbe originato i terremoti di martedì e di ieri sarebbe quella Bassano-Valdobbiadene-Vittorio Veneto. «Una faglia è una frattura della crosta terrestre. In particolare qui – spiega il geologo Antonio Della Libera che l’area del vittoriese, da inizio anno zona sismica 1, l’ha ben studiata –, c’è una faglia che da Valdobbiadene passa alle spalle del Quartier del Piave, attraversa Combai (Miane) e percorre la Vallata fino a Vittorio Veneto. Quando ci sono delle spinte, le rocce cedono e liberano energia. Ecco le scosse sismiche, episodi che si ripetono nel tempo. Ce lo ricordano importanti terremoti, l’ultimo quello del Cansiglio nel 1936, fenomeni di fronte ai quali l’unica cosa da fare, non potendo prevederli, è applicare le norme antisismiche nelle costruzioni, affinché siano in grado di resistere in caso di terremoto».

 

 

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Il Gazzettino