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PADOVA La mente del sistema corrotto dei permessi di soggiorno ai cinesi ottenuti in cambio di mazzette, in Appello non ha avuto alcuno sconto di pena. I giudici lagunari hanno confermato, così come avvenuto in primo grado nell'aprile del 2019 davanti al Gup in rito abbreviato, la condanna a cinque anni e sei mesi all'ex sovrintendente capo della polizia Renzo Dalla Costa, 53 anni di Campo San Martino detto La Volpe. L'ex poliziotto utilizzava un meccanismo semplicissimo per intascare denaro: attraverso una decina di società procurava un lavoro e una residenza agli asiatici da regolarizzare.
Appena il cinese godeva fittiziamente di un impiego e di una casa, Dalla Costa faceva emettere il permesso di soggiorno dall'Ufficio immigrazione.
Ma per la volpe i guai con la giustizia non sono finiti: Dalla Costa si trova di nuovo a giudizio, davanti ai giudici del Tribunale collegiale, insieme ad altri sette imputati (tre sono già usciti di scena con un patteggiamento) nel filone bis sulle mazzette in Questura per ottenere i permessi di soggiorno. Il suo braccio destro, in questa secondo filone dell'indagine sempre condotta dal pm Dini, sarebbe risultato essere l'assistente capo Fausto Fanelli, 52 anni residente a Padova con un passato da sindacalista del Coisp da dove è stato espulso. Per l'accusa Fanelli, in collaborazione con un paio di consulenti del lavoro, un commercialista e alcuni stranieri, ha ricevuto somme di denaro, tangenti, per allegare alle pratiche per la concessione dei permessi di soggiorno a favore di cittadini cinesi documentazione falsa. Come, certificati di residenza, certificati di conoscenza della lingua italiana e certificati di rapporti di lavoro con false buste paga. E della falsità delle carte, ancora secondo l'accusa, erano a conoscenza sia Fanelli e sia Dalla Costa.
Il Gazzettino