Tangenti e permessi ai cinesi in Questura, 5 anni all'ex poliziotto Dalla Costa

Renzo Dalla Costa, ex poliziotto
PADOVA La mente del sistema corrotto dei permessi di soggiorno ai cinesi ottenuti in cambio di mazzette, in Appello non ha avuto alcuno sconto di pena. I giudici lagunari hanno...

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PADOVA La mente del sistema corrotto dei permessi di soggiorno ai cinesi ottenuti in cambio di mazzette, in Appello non ha avuto alcuno sconto di pena. I giudici lagunari hanno confermato, così come avvenuto in primo grado nell'aprile del 2019 davanti al Gup in rito abbreviato, la condanna a cinque anni e sei mesi all'ex sovrintendente capo della polizia Renzo Dalla Costa, 53 anni di Campo San Martino detto La Volpe. L'ex poliziotto utilizzava un meccanismo semplicissimo per intascare denaro: attraverso una decina di società procurava un lavoro e una residenza agli asiatici da regolarizzare.

Appena il cinese godeva fittiziamente di un impiego e di una casa, Dalla Costa faceva emettere il permesso di soggiorno dall'Ufficio immigrazione. In totale, nell'arco di poco più di tre anni, si è intascato tangenti per 200 mila euro. I permessi di soggiorno rilasciati con questo sistema sono circa 400. Il Gip Margherita Brunello nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di Renzo Dalla Costa aveva scritto: Il fatto che un funzionario di polizia, in un momento simile per il terrorismo, permetta con queste modalità corruttive l'accesso e il transito di stranieri extracomunitari non identificati, è un fatto gravissimo. L'ex poliziotto era stato incastrato dagli uomini della Squadra mobile coordinati dal pubblico ministero Sergio Dini, titolare delle indagini.

Ma per la volpe i guai con la giustizia non sono finiti: Dalla Costa si trova di nuovo a giudizio, davanti ai giudici del Tribunale collegiale, insieme ad altri sette imputati (tre sono già usciti di scena con un patteggiamento) nel filone bis sulle mazzette in Questura per ottenere i permessi di soggiorno. Il suo braccio destro, in questa secondo filone dell'indagine sempre condotta dal pm Dini, sarebbe risultato essere l'assistente capo Fausto Fanelli, 52 anni residente a Padova con un passato da sindacalista del Coisp da dove è stato espulso. Per l'accusa Fanelli, in collaborazione con un paio di consulenti del lavoro, un commercialista e alcuni stranieri, ha ricevuto somme di denaro, tangenti, per allegare alle pratiche per la concessione dei permessi di soggiorno a favore di cittadini cinesi documentazione falsa. Come, certificati di residenza, certificati di conoscenza della lingua italiana e certificati di rapporti di lavoro con false buste paga. E della falsità delle carte, ancora secondo l'accusa, erano a conoscenza sia Fanelli e sia Dalla Costa. 
 

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Il Gazzettino