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SACILE - La vicenda è datata, ma tutt’altro che caduta nel dimenticatoio. In poche ore la richiesta della sacilese Tina di ritrovare tracce e testimonianze dell’”Operazione Atlantide” ha sollevato un vespaio, risvegliato memorie che, a 54 anni dagli eventi, risultano ancora molto vive.
Tina ha risvegliato soprattutto emozioni mai dimenticate e non solo nei protagonisti diretti. Nel 1969 la sacilese aveva 19 anni ed un’amica da accompagnare, ogni fine settimana, al lago di Cavazzo. Qui un manipolo di giovani quantomeno coraggiosi (tra loro anche il futuro marito dell’amica di Tina) stavano conducendo un esperimento, al quale collaborava anche l’Esercito: sondavano le reazioni del corpo umano a un prolungato soggiorno sul fondo del lago. Da qui il neologismo, poi caduto in disuso, proprio come quegli esperimenti, di “Acquanauti”.
SUB DONNA
Di quei sub uno solo era una donna.
RICONOSCIUTO
Una lettrice ha invece riconosciuto il Mario citato nell’articolo del Gazzettino dedicato all’Operazione Atlantide: si tratta di Mario Venturini, ricordato in una pubblicazione del 1969 dedicata all’esperimento al lago. Un’altra lettrice, Sofia, non più tardi di un mese fa, si è ritrovata a cena, seduta allo stesso tavolo di uno dei medici che di quei sub controllavano la situazione dal punto di vista sanitario. Anche loro chiamati a immergersi, raggiungere le casupole sul fondale, per eseguire prelievi di sangue e altri esami sui sub e poi risalire in superficie. Monica, nota telegiornalista udinese, ha saputo di Tina attraverso una cugina che abita nel Vicentino. «Mio zio, Edoardo Brabetz, per tutti Doa, fece parte di quella spedizione. Rimase anzi a vivere proprio a Cavazzo. Purtroppo ci ha lasciati molto giovane, a soli 50 anni». La sorella Sandra, che oggi ha 91 anni, portati splendidamente («Vado a farmi le camminate, giro per i supermercati in cerca delle offerte speciali»), ricorda il fratello Doa: «prima faceva l’antennista, poi ha lavorato in un’impresa di demolizioni (di quelle che si fanno con la dinamite). Edoardo era stato anche paracadutista». Oggi probabilmente lo annovereremmo tra gli amanti degli sport estremi. Di certo lui, come gli altri, in cerca di avventura e sprezzanti dei pericoli, perché forti dell’incoscienza della gioventù. Un coraggio che colpì la giovane Tina, che oggi ritrova quel filo flebile, ma mai spezzato. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino