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MESTRE - Cento anni sono sempre un bel traguardo. Non solo da compiere ma soprattutto se portano con sé una storia. È il caso di Sofia Gobbo che ieri ha festeggiato i suo compleanno con familiari e parenti a Forte Carpenedo. Non si è trattato di un compleanno normale perché Sofia Gobbo è la partigiana più anziana del Veneto. Trevigiana, residente a Mestre, insegnante e preside, per anni non ha mai raccontato che era stata partigiana con diploma di combattente e croce al merito di guerra. Non ha mai preso una tessera di partito e non ha svelato ai suoi studenti di quando, col nome di battaglia Giorgio, andava su e giù per il Cansiglio e tra Padova e Treviso: «Ho tenuto la politica fuori della porta- racconta- non mi sono iscritta a partiti».
LA TESTIMONIANZA
Lucida e sorridente Sofia si lascia andare ai ricordi. Cresciuta in pieno fascismo, figlia di un elettricista. Poi l'impegno antifascista. «Un periodo di lavaggio del cervello: Mussolini Duce, Roma Caput Mundi, nessun errore.
L'AFFONDO
Le vicende del passato sono riemerse anche ieri, alla festa a Forte Carpenedo alla quale sono intervenuti numerosi ospiti. A portare il saluto del Comune c'era l'assessora Paola Mar, alla quale Sofia Gobbo ha mandato un messaggio tagliente: «Dica al suo sindaco che oggi è lì grazie a chi ha lottato per la democrazia».
Di persone del resto Sofia Gobbo, per anni presidente di Anpi Venezia in virtù della sua lotta contro il nazifascismo, ne ha incontrate tante. «Egidio Meneghetti, arrestato, portato nel lager di Fossoli, padre Placido Cortese, poco prima che lo deportassero alla Risiera di San Sabba. La mia salvezza è stata non avere mai avuto paura. Si poteva restare in una trappola mortale, come l'8 settembre 1944 quando tedeschi e fascisti circondarono la Pedemontana e il Grappa con centinaia di impiccati, fucilati e deportati». Cento anni che lasciano un'eredità pesante. «Ne ho visti troppi morire. In un rastrellamento a Vittorio Veneto hanno preso tre persone, le hanno portate sull'argine e fucilate, lasciando i corpi. C'era sempre sangue sulle strade». Adesso quelle strade sono pulite ma raccontano.
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Il Gazzettino