A Venezia trascorse solamente pochi mesi della sua vita, tra i peggiori della sua intera esistenza. Eppure il legame tra Silvio Pellico e la città è indistricabile,...
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Al momento del suo arresto a Milano, il 13 ottobre del 1820, Pellico aveva già scritto alcune opere di successo, come la “Francesca da Rimini”, e dirigeva “Il Conciliatore”, rivista di idee tendenzialmente risorgimentali. Ma la sua appartenenza alla setta segreta dei “Federati” e l'intercettazione di alcune lettere compromettenti di Pietro Maroncelli non gli fecero ottenere sconti da parte della polizia austriaca che lo imprigionò con lo stesso Maroncelli, Melchiorre Gioia e altri congiurati.
Pellico fu condotto a Venezia, dove fu imprigionato dapprima ai Piombi e poi a San Michele in Isola, dove rimase fino al 20 febbraio 1822. Il giorno successivo fu letta la sentenza di condanna a morte, commutata in venti anni di carcere duro per Maroncelli e 15 per Pellico. A fine marzo i due furono condotti nella fortezza dello Spielberg, in Moravia. Al momento dell'arresto aveva 31 anni.
Nato a Saluzzo il 24 giugno 1789, secondogenito del commerciante Onorato Pellico e di Margherita Tournier, originaria della Savoia, Silvio Pellico e i suoi quattro fratelli ricevettero un'educazione rigorosamente cattolica. Il fratello minore Francesco e le sorelle Giuseppina e Maria Angiola presero i voti; il primogenito Luigi tentò invece la carriera politica, condividendo le idee di Silvio e le sue stesse passioni letterarie. Pellico – la cui religiosità si risvegliò durante la prigionia – si formò a Pinerolo e poi a Torino, prima di trasferirsi temporaneamente a Lione, mostrando scarso attaccamento agli affari di famiglia. Fu subito interessato agli studi classici, e divenne amico di Ugo Foscolo. “La mia stanza – racconta ne “Le mie prigioni” – guardava sul tetto di piombo della chiesa di San Marco. […] Eravamo ancora in primavera, e già le zanzare si moltiplicavano, posso proprio dire, spaventosamente, (così) come s'infocò l'aria del covile ch'io abitava. Io non avea mai avuto idea d'un calore sì opprimente. A tanto supplizio s'aggiungeano le zanzare in tal moltitudine, che io n'era coperto; il letto, il tavolino, la sedia, il suolo, le pareti, la volta, tutto n'era coperto”.
Nel delirio di quei giorni, l'unico sollievo di cui godeva il prigioniero erano le visite solerti della quindicenne Angela, “Zanze” appunto, della quale Pellico – che aveva visto interrompersi con l'arresto la relazione con l'attrice Teresa Marchionni e che trovò una relazione stabile solo molti anni più tardi con la nobildonna Cristina Archinto Trivulzio – finì per invaghirsi.
Lei negli anni successivi si affrettò a smentire qualsiasi coinvolgimento, ma nella realtà – seppure caste – le visite alla cella di Silvio Pellico (che la definì scherzosamente “Venezianina adolescente sbirra”) furono molto più che semplici consegne di cibo.
Il Gazzettino