Allarme sicurezza a Pordenone, il fulcro della violenza si è spostato in via Mazzini: «Danno per tutta la città»

I carabinieri in via Mazzini a Pordenone
PORDENONE - Il giorno dopo è quello della rabbia. «Perché l’immagine di Pordenone non può e non deve essere sporcata o macchiata dalla sciocchezza...

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PORDENONE - Il giorno dopo è quello della rabbia. «Perché l’immagine di Pordenone non può e non deve essere sporcata o macchiata dalla sciocchezza di qualcuno». Le parole sono quelle dell’assessore alla Sicurezza, Elena Ceolin. 


«Sono arrabbiatissima per quello che è successo. Quella è la zona maggiormente presidiata di tutta la città. Stiamo concentrando tutte le nostre forze e il fatto è avvenuto nel parco, a breve distanza. Non possiamo militarizzare Pordenone, non avrebbe senso. È una città sicura, episodi del genere in altri posti non avrebbero avuto questa rilevanza». Eppure restano i fatti: la lite, le sprangate, il sangue a terra. Tutto ai margini di una strada - via Mazzini - che da qualche settimana è già meta di una sorta di presidio fisso di polizia e all’interno di un’area verde - il parco Querini - che non da oggi e nemmeno da ieri è zona “rossa” per episodi di violenza o di micro-criminalità. 
A valle, poi, la sensazione che il cuore del problema-sicurezza si sia spostato: le acque si sono placate in piazza Risorgimento, è la zona della stazione ferroviaria ora a preoccupare di più. 


IL QUADRO


«Via Mazzini - continua ancora Elena Ceolin - è una strada illuminata, piena di vetrine e di attività commerciali». Come a voler dire: non siamo nei bassifondi. Ed effettivamente via Mazzini tocca il centro. Bastano due passi. Se compiuti nella direzione opposta, però, la stessa strada «incontra una zona che si compone della stazione ferroviaria e di un parco: un mix difficile». E in questo caso le parole sono quelle del comandante della polizia locale di Pordenone, Maurizio Zorzetto. Pur specificando che «non tutti i problemi si possono risolvere con azioni di polizia», rileva come «il livello di violenza si sia alzato». «Siamo in presenza di etnie diverse tra loro - prosegue Zorzetto - con diversi modi di fare e soprattutto di risolvere eventuali controversie. Alla base ci sono anche problemi legati all’integrazione».

 
LA FOTOGRAFIA


I fatti di via Mazzini non sono avvenuti tra ragazzi, «ma tra persone che io continuo a considerare adulte - prosegue il comandante della polizia locale del capoluogo -. E non si è trattato di un fatto accidentale. A Pordenone non è accaduto nulla di diverso rispetto a quello che può succedere nelle città nei pressi di una stazione ferroviaria.
Quello che dobbiamo fare? A mente calda potrei pensare che sia da evitare che queste persone vengano a Pordenone. Resto però dell’idea che purtroppo un ladro non si metterà mai a rubare al fianco dei poliziotti. Noi presidiamo in maniera fissa quella zona della città, ma l’episodio di violenza si è concentrato all’interno del parco Querini». 
Quindi sì nelle vicinanze, ma allo stesso tempo lontano dagli occhi degli agenti. Che c’erano eccome. «A differenza di ciò che accade nelle grandi città - conclude Zorzetto - quando per tre giorni di fila succedono queste cose da noi fa notevolmente più rumore». 


L’URGENZA


C’è però l’amara consapevolezza di fondo che - forse - più di così non si potrà fare. Almeno dal punto di vista della presenza delle forze dell’ordine e degli strumenti repressivi. La palla dovrà passare necessariamente anche alla componente propositiva ed educativa del problema. Perché l’altro dato certo è che un problema esiste. Non sarà probabilmente deflagrante - e non lo è - ma la sensazione di insicurezza che si percepisce soprattutto di sera tra via Mazzini e la stazione ferroviaria è diventata ormai comune. E la voce di popolo dopo un po’ diventa voce di Dio. 


Ecco dove voleva arrivate l’invito dell’assessore Ceolin a non «sporcare» l’immagine di Pordenone. I protagonisti del pestaggio di sabato per qualche ora ci sono riusciti.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino