ROVIGO - Dopo un febbraio praticamente senza una goccia, si sperava in marzo, ma nella prima metà del mese la pioggia è stata la metà della media storica del...
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I FIUMI
Disposizioni come se si fosse in piena estate, invece l’estate è ancora lontana. Affacciandosi sugli argini dei grandi fiumi, però, non si direbbe. Il Po a Pontelaguscuro, quindi a Occhiobello, è passato dai 578 metri cubi al secondo dell’otto marzo ai 568 del 15. Un valore decisamente basso per la stagione. Fra l’altro, la magra del Po storicamente ritenuta eccezionale e riferimento per tutte le progettazioni, comprese le barriere antisale, era di 400 metri cubi al secondo. Fino all’anno scorso, quando è scesa sotto i 200. Secondo le rilevazioni dell’Arpav, al 15 marzo le portate dei maggiori fiumi veneti, tendenzialmente in calo dalla terza decade di gennaio, «si mantengono ovunque significativamente inferiori alla media del periodo». In particolare, inferiori del 47% sull’Adige a Boara e del 60% sul Po a Pontelagoscuro. Nella prima metà di marzo sono caduti 17 millimetri di pioggia rispetto a una media storica di 33. In Alto Polesine le precipitazioni sono state leggermente superiori al valore medio regionale, mentre nel resto della provincia leggermente inferiori. Nemmeno la grandinata del 15 ha innalzato i livelli. Intanto, le falde calano ancora. Così come i grandi laghi, con il Garda intorno al minimo storico mensile. Premesse che rischiano di rendere pesanti i prossimi mesi, in particolare per il Polesine, la “Mesopotamia” italiana, compresa fra i tratti terminali di Adige e Po.
PROBLEMA CALDO
Nella prima metà di marzo, inoltre, nota l’Autorità del Po, le temperature sono risultate generalmente superiori alle medie di riferimento. E a complicare il quadro, anche in ottica futura, la neve, che rappresenta un serbatoio per i mesi più caldi, ma che già in questo momento scarseggia. «Le temperature più alte sciolgono le nevi che incrementano di poco le portate». I dati Arpav relativi ai rilievi veneti lo confermano: «La sommatoria di neve fresca da ottobre al 15 di marzo, evidenzia un deficit di precipitazione nevosa del 40%. La risorsa idrica nivale è scarsa, simile all’inverno scorso, in calo da metà gennaio».
E non solo la neve manca, ma come nota Legambiente nella sua analisi “Nevediversa”, contribuisce ulteriormente al deficit idrico: «Per compensare la mancanza di quella naturale, l’Italia punta sull’innevamento artificiale, una pratica non sostenibile e alquanto cara sperperando anche soldi pubblici: il sistema di innevamento artificiale non è una pratica sostenibile, dato che comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio».
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Il Gazzettino