In calo la produzione di mais, "beve" troppo. Crescono invece semine di frumento e soia, più resistenti alla siccità

In calo la produzione di mais, "beve" troppo. Crescono invece semine di frumento e soia, più resistenti alla siccità
ROVIGO - Il grano è la risposta dell'agricoltura polesana alla siccità. Vista la crisi idrica, le aziende del primario hanno optato per una coltura più...

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ROVIGO - Il grano è la risposta dell'agricoltura polesana alla siccità. Vista la crisi idrica, le aziende del primario hanno optato per una coltura più "sicura". Il grano, infatti, richiede meno acqua e arriva a maturazione all'inizio dell'estate: per questo è una soluzione che permette alle aziende di mantenere la produttività nonostante gli scenari siano molto critici a livello ambientale. In netto calo, all'opposto, le semine di mais, in crollo con criticità anche per la filiera dell'allevamento, in quanto il mais è un alimento per pollame e non solo. Il trend, tra l'altro, va oltre i confini polesani e caratterizza tutto il Veneto dove quest'anno le aziende semineranno più grano, più resiliente alla siccità rispetto al granoturco. I dati in mano a Confagricoltura Veneto stimano un più 30% di semine di frumento o grano, anche grazie alle ottime performance di mercato che nel 2022 hanno segnato un più 43% del prezzo medio annuo per il frumento tenero e più 34,8% per il frumento duro.


GRANAIO DEL VENETO
Rovigo aveva scommesso sul frumento già nel 2022. L'anno scorso, secondo i dati di Veneto Agricoltura, la superficie coltivata a frumento tenero in Veneto è stata di 96.000 ettari (più 1%), con Rovigo capofila (23.800 ettari) seguita da Padova (20.700 ettari). Quella di frumento duro è stata di 19.400 ettari (più 34%), sempre con Rovigo in testa (12.650 ettari), seguita da Verona (2.850 ettari) e Padova (2.450 ettari). Per la soia 148.000 ettari di superficie (più 5,3%), con Venezia prima provincia (36.150 ettari) seguita da Padova (33.800) e Rovigo (32.700). Per quanto riguarda il mais, 143.200 ettari la superficie (meno 3%), con Padova in testa (30.900 ettari), seguita da Venezia (28.900) e Rovigo (26.100).
«C'è molta incertezza sulla semina del mais, a causa della siccità - sottolinea Chiara Dossi, presidente della sezione Cereali alimentari di Confagricoltura Veneto - l'anno scorso le perdite di produzione, in Veneto, sono state superiori al 30% e i costi sono andati alle stelle tra concimi e agrofarmaci. Perciò molte aziende in autunno hanno seminato frumento, che dà più garanzie di produzione e soddisfazione economica, mentre per la primavera stanno valutando di seminare girasole al posto del mais, che richiede meno acqua, ma anche soia, che ha costi minori di coltivazione e soffre meno la sete. Probabilmente aumenteranno anche le superfici di orzo, che ha segnato un ottimo andamento dei prezzi.


LO SCENARIO


Con la siccità e le estati torride, il mais se ne va dall'Italia e dall'Europa. I dati nazionali per il mais, infatti, sono anche peggiori del Veneto: le superfici sono scese al minimo storico di 564.000 ettari e la produzione si attesta a 4,7 milioni di tonnellate, a livelli di 50 anni fa: un dato simile si è registrato nel 1972. E l'andamento negativo che ha coinvolto tutti i produttori europei, con una diminuzione di 21 milioni di tonnellate (meno 29%). «La carenza di mais comporterà problemi per gli allevamenti - sottolinea Dossi - in quanto la granella viene utilizzata per i mangimi in molte specie di animali da allevamento come pollame, bovini e suini. E la mancanza sarà sentita soprattutto dalle filiere che necessitano di prodotto italiano, come alcune grandi aziende e i consorzi. Del resto, se la siccità e le alte temperature del 2022 dovessero diventare una costante, gli agricoltori saranno obbligati a cambiare rotta. E dovranno farlo anche le aziende dotate di impianti di irrigazione, perché senza acqua sarà difficile farli funzionare. Restiamo con la speranza che già quest'anno ci sia qualche precipitazione in più e un clima meno torrido. Al momento la situazione è sotto controllo, perché tra autunno e inverno le piogge non sono mancate e i terreni sono meno in sofferenza rispetto a un anno fa. Però le falde restano molto scariche». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino