ROVIGO - Il grano è la risposta dell'agricoltura polesana alla siccità.
GRANAIO DEL VENETO
Rovigo aveva scommesso sul frumento già nel 2022. L'anno scorso, secondo i dati di Veneto Agricoltura, la superficie coltivata a frumento tenero in Veneto è stata di 96.000 ettari (più 1%), con Rovigo capofila (23.800 ettari) seguita da Padova (20.700 ettari). Quella di frumento duro è stata di 19.400 ettari (più 34%), sempre con Rovigo in testa (12.650 ettari), seguita da Verona (2.850 ettari) e Padova (2.450 ettari). Per la soia 148.000 ettari di superficie (più 5,3%), con Venezia prima provincia (36.150 ettari) seguita da Padova (33.800) e Rovigo (32.700). Per quanto riguarda il mais, 143.200 ettari la superficie (meno 3%), con Padova in testa (30.900 ettari), seguita da Venezia (28.900) e Rovigo (26.100).
«C'è molta incertezza sulla semina del mais, a causa della siccità - sottolinea Chiara Dossi, presidente della sezione Cereali alimentari di Confagricoltura Veneto - l'anno scorso le perdite di produzione, in Veneto, sono state superiori al 30% e i costi sono andati alle stelle tra concimi e agrofarmaci. Perciò molte aziende in autunno hanno seminato frumento, che dà più garanzie di produzione e soddisfazione economica, mentre per la primavera stanno valutando di seminare girasole al posto del mais, che richiede meno acqua, ma anche soia, che ha costi minori di coltivazione e soffre meno la sete. Probabilmente aumenteranno anche le superfici di orzo, che ha segnato un ottimo andamento dei prezzi.
LO SCENARIO
Con la siccità e le estati torride, il mais se ne va dall'Italia e dall'Europa. I dati nazionali per il mais, infatti, sono anche peggiori del Veneto: le superfici sono scese al minimo storico di 564.000 ettari e la produzione si attesta a 4,7 milioni di tonnellate, a livelli di 50 anni fa: un dato simile si è registrato nel 1972. E l'andamento negativo che ha coinvolto tutti i produttori europei, con una diminuzione di 21 milioni di tonnellate (meno 29%). «La carenza di mais comporterà problemi per gli allevamenti - sottolinea Dossi - in quanto la granella viene utilizzata per i mangimi in molte specie di animali da allevamento come pollame, bovini e suini. E la mancanza sarà sentita soprattutto dalle filiere che necessitano di prodotto italiano, come alcune grandi aziende e i consorzi. Del resto, se la siccità e le alte temperature del 2022 dovessero diventare una costante, gli agricoltori saranno obbligati a cambiare rotta. E dovranno farlo anche le aziende dotate di impianti di irrigazione, perché senza acqua sarà difficile farli funzionare. Restiamo con la speranza che già quest'anno ci sia qualche precipitazione in più e un clima meno torrido. Al momento la situazione è sotto controllo, perché tra autunno e inverno le piogge non sono mancate e i terreni sono meno in sofferenza rispetto a un anno fa. Però le falde restano molto scariche».
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