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BELLUNO - «Da tempo impegnato nella gestione di rifiuti e nel riutilizzo degli oggetti prima che diventino rifiuti, questa mattina ho visto anni di impegno cancellati da una sentenza a dir poco superficiale». Marco Fontana, ingegnere 50enne di Belluno e appassionato svuota-cantine, punta il dito contro il giudice che l’altro giorno l’ha condannato a una pena pecuniaria di 2mila euro per gestione non autorizzata di rifiuti. «Una sentenza che fa pensare» ha commentato qualche ora dopo. Tutto si giocherebbe intorno alla definizione di “rifiuto”. Secondo la pubblica accusa, Fontana accumulava e gestiva rifiuti (senza autorizzazione), mentre per la difesa erano oggetti che lui riutilizzava vendendoli o donandoli alle onlus del territorio.
L’ATTIVITÀ
Marco Fontana svolge attività di sgombero locali, cantine, garage, da anni. Ciò che le persone non utilizzano più e che probabilmente butterebbero via, o lascerebbero marcire in luoghi bui della casa, lui le raccoglie con l’obiettivo di dar loro nuova vita. Avendo la licenza di ambulante, è autorizzato anche a venderle. All’inizio del suo percorso da svuota-cantine gli oggetti venivano trasportati in un magazzino vicino a casa sua per fare una selezione e sceglierne la destinazione. Col tempo ha spostato la sede di “accumulo” e ha iniziato a portarli in un terreno di sua proprietà (con ricovero attrezzi, gazebo, etc.) che si trova vicino agli uffici comunali di via Marisiga. Ed è proprio dai suoi vicini che sarebbero partite le segnalazioni, sfociate poi nell’inchiesta per gestione non autorizzata di rifiuti.
IL PROCESSO
Ma si trattava davvero di rifiuti? Secondo la difesa, no. Secondo la Procura, sì ed il processo si giocava tutto su queste due tesi. Il consulente della difesa ha spiegato che le cose che lui prelevava dalle cantine e dai garage non erano rifiuti. Quando un cittadino si rivolgeva a Fontana, per svuotare la cantina, non lo faceva per disfarsi del bene (come previsto dal Testo unico ambientale). L’oggetto non veniva smaltito, abbandonato o recuperato ma riutilizzato. Era qualcosa che poteva essere impiegato di nuovo. Ad esempio, un vecchio mobile. Se era in buono stato Fontana lo dava alle associazioni che ne avevano bisogno, altrimenti lo smontava e teneva ciò che poteva ancora servire a qualcosa. Il giudice, però, ha accolto la tesi accusatoria e condannato l’imputato a 2mila euro di multa.
L’AMAREZZA
«Una sentenza – ha spiegato Fontana – che dice che il riutilizzo dei materiali è reato, proprio in questo periodo storico in cui vediamo i materiali edili e componenti meccaniche ed elettriche a prezzi record.
Il Gazzettino