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ROVIGO - Nel primo mese dallo sblocco dei licenziamenti, a oggi si può ancora dire che non c’è stato un “crollo della diga”. In Polesine, tra il 30 giugno e il 31 luglio, i lavoratori con contratto a tempo indeterminato licenziati per motivi economici sono stati 13 quest’anno, rispetto ai 60 nello stesso periodo del 2019, e ai 41 del 2018, quando non c’era lo stop introdotto dal decreto Cura Italia, poi prorogato dai decreti successivi, che comunque prevedono ancora il blocco dei licenziamenti per le imprese che fanno ricorso agli ammortizzatori sociali secondo gli articoli 11 e 21 del decreto legislativo 14 settembre 2015. Mentre scadrà il prossimo 31 ottobre il blocco dei licenziamenti per i datori di lavoro che fanno ricorso alle ulteriori settimane di integrazione salariale gratuita disposte dal decreto Sostegni, nel campo di applicazione degli assegni ordinari (Aso), della cassa integrazione in deroga (Cigd) e della cassa integrazione speciale operai agricoli (Cisoa).
IMPATTO RIDOTTO
Rovigo, rispetto al periodo pre-pandemia, risulta essere la provincia veneta che ha pagato meno la riduzione della domanda di lavoro. Perché in Polesine si limita al -3%, mentre la differenza in Veneto è -17% (in media) tra le assunzioni nei primi 7 mesi del 2021 e quelle nel gennaio-luglio 2019. I picchi invece sono a Verona (-17%) e a Venezia (-30%) relativamente alle posizioni di lavoro dipendente nel settore privato.
LE MOTIVAZIONI
Le cause di questa mancanza sono diverse: «Blocco dei licenziamenti ancora in corso, reddito di cittadinanza che dissuade dall’accettare delle opportunità e, nel contempo, favorisce però il lavoro nero. Ulteriore problema è l’incertezza che le imprese si trovano ad affrontare, legata all’aumento esponenziale dei costi della produzione tra materie prime e logistica. Elementi che mettono in difficoltà le aziende nel fare previsioni anche sul proprio fabbisogno di lavoratori e, di conseguenza, si ricorre alla proposta soprattutto di occupazioni a tempo determinato e di breve durata. Tutto ciò non contribuisce a spingere un lavoratore a uscire dallo stato di sussidiato - conclude l’assessore al Lavoro - Avremmo dovuto già rivedere le condizioni del reddito di cittadinanza e degli ammortizzatori, obbligando il disoccupato o il sussidiato ad accettare l’offerta di lavoro, pena la perdita del sussidio».
LE DISPONIBILITÀ
Nel mercato del lavoro c’è un altro dato, infatti, da mettere sotto i riflettori: quello sulla Did (dichiarazioni di disponibilità), che segna la comunicazione di chi è disoccupato, o ha ricevuto comunicazione di licenziamento, ai centri per l’impiego per accedere ai servizi di reinserimento nel mercato del lavoro. In Polesine il flusso delle Did nel periodo gennaio-luglio 2021 è pari a 3.790, ed è maggiore che nei primi 7 mesi del 2020 (3.160). Risulta comunque inferiore alle Did nello stesso periodo del 2019 (4.445). E intanto il barometro dell’economia regionale stilato da Unioncamere segna un dato di ripresa - nel secondo trimestre di quest’anno - nel numero di imprese attive in Veneto: sono 429.682, +0,2% rispetto al secondo trimestre 2020 (428.778).
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