Estorsioni, incendi per spaventare i debitori: 7 arresti nel Veneziano. A capo c'era Luciano Maritan, nipote dell'ex boss della Mala

Estorsioni, incendi per spaventare i debitori: 7 misure cautelari nel Veneziano
SAN DONA' DI PIAVE - I carabinieri di San Donà di Piave stanno eseguendo 7 misure cautelari a conclusione di un'inchiesta della Procura lagunare per incendi...

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SAN DONA' DI PIAVE - I carabinieri di San Donà di Piave stanno eseguendo 7 misure cautelari a conclusione di un'inchiesta della Procura lagunare per incendi dolosi, estorsioni e spaccio di droga. All' operazione sono impegnati anche i militari delle Compagnie di Portogruaro, Mestre e Chioggia e del 4/o Battaglione Veneto e delle unità cinofile del Nucleo di Torreglia (Padova). A capo della banda c'era Luciano Maritan, nipote dell'ex boss della Mala del Brenta Silvano. Ma non basta, fra le persone arrestate c'è anche Il padre di Maritan, fratello di Silvano. E quest'ultimo, seppur in carcere, sarebbe coinvolto nel caso.

 

Debiti, estorsioni e incendi

Le indagini, alle quali ha contribuito il Ros, sono iniziate dopo due atti intimidatori a San Donà, a gennaio e settembre 2020, nel corso dei quali erano stati incendiati due furgoni di una ditta nel settore dell'assemblaggio di minuterie metalliche. I carabinieri hanno, tra l'altro, raccolto gravi e concordanti indizi di colpevolezza a carico degli indagati, individuando in un 48enne l'esecutore materiale degli incendi e in un 55enne il mandante per un vecchio credito mai onorato. L'estorsione ha visto coinvolti altri indagati responsabili di gravi e pressanti minacce alla vittima. Nel corso dell'indagine si è appurata, inoltre, la presenza di un'altra persona, sottoposta a richieste di estorsione per un mancato pagamento di una partita di droga.

 

Gli arrestati

Tra gli arrestati ci sono almeno due persone vicine alla ex mafia del Brenta. Si tratta di Luciano e Lino Maritan parenti del più noto Silvano (in carcere per omicidio) che da sempre controllava spaccio di droga e il malaffare a San Donà. L'indagine, diretta dalla Procura della Repubblica di Venezia, ha permesso di raccogliere gravi indizi a carico degli indagati. 

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Il Gazzettino