Saluto fascista allo stadio di Fossò. Ma il giocatore del Monselice tira dritto

Una foto d'archivio degli Ultras del Monselice
MONSELICE - Accade tutto nel secondo tempo della sfida domenicale di Prima categoria tra Fossò e Nuovo Monselice, come un fulmine a ciel sereno. Un giocatore esce dal...

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MONSELICE - Accade tutto nel secondo tempo della sfida domenicale di Prima categoria tra Fossò e Nuovo Monselice, come un fulmine a ciel sereno. Un giocatore esce dal campo. Un altro entra. I supporter del Nuovo Monselice vogliono tributare una ode al giocatore richiamato in panchina. Un canto ritmato che si conclude in maniera inequivocabile. Una decina di braccia tese scattano all’unisono: è il saluto romano, richiamato esplicitamente nell’inno intonato dai supporter del Nuovo Monselice che per il resto della gara si erano limitati a sostenere senza pause e senza tentennamenti i propri portacolori. Il saluto fascista dura una decina di secondi. La scena (anche imbarazzante) continua perché i supporter chiedono al proprio paladino di ricambiare. Il giocatore si sta accomodando in panchina: i supporter lo invocano a gran voce, ma dalla panchina solo un vago cenno, assolutamente neutro, una mano che saluta stanca dopo oltre un’ora di corse a perdifiato sul campo, tra recuperi, ripartenze, contrasti, passaggi a buon fine e passaggi a vuoto.

  

Ecco, il passaggio a vuoto è arrivato dal gruppo di sostenitori del Nuovo Monselice che per oltre 90 minuti ha speso la propria voce per inneggiare senza se e senza ma la propria squadra: un repertorio peraltro vasto e nemmeno troppo ripetitivo, mai indirizzato contro la squadra avversaria, laddove gli unici sfottò sono stati indirizzati ad altre squadre padovane (Abano e Solesinese le più gettonate) probabilmente protagoniste di passate tenzoni e di antiche rivalità. E così, tra un giro di fumogeni e un rullo di tamburo, tutto era andato seguendo i binari del tifo organizzato di una squadra che sta vincendo e che chiuderà la gara superando nettamente l’avversario. Poi, all’improvviso, in un impeto nostalgico, anche un rettangolo di gioco tutto sommato anonimo, sprofondato nella campagna veneziana, diventa palcoscenico inatteso di ricordi novecenteschi. Iniziativa studiata? O un moto estemporaneo a imitazione di altri gesti visti (e poi sanzionati) su campi di calcio più illustri? Un coro che potrebbe avere ripercussioni anche sulla squadra, qualora venisse riportato nel referto arbitrale. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino