Giuliana di Collalto, badessa-taumaturga protettrice di chi soffre d'emicrania

Giuliana di Collato nell'illustrazione di Matteo Bergamelli
Giuliana di Collalto (1186-1262) - prima badessa dei Santi Biagio e Cataldo, beata della Chiesa cattolica Se potessimo...

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Giuliana di Collalto (1186-1262) - prima badessa dei Santi Biagio e Cataldo, beata della Chiesa cattolica


Se potessimo riavvolgere velocemente il nastro del tempo stando sulla riva delle Zattere, lo “Skyline” della Giudecca cambierebbe con una certa frequenza: scomparirebbero diverse ex fabbriche e ricomparirebbero molti giardini; la chiesa del Redentore, presente “solo” dalla fine del Cinquecento, improvvisamente lascerebbe spazio ad altro ma uno dei primi edifici a “scomparire” sarebbe il Molino Stucky, che fu edificato nel 1880 dove sorgeva l'oramai cadente monastero femminile benedettino dei Santi Biagio e Cataldo.

Per risalire alla sua fondazione bisogna risalire al 1222, quando Giuliana di Collalto gli diede vita in quella che al tempo era conosciuta come l'isola di Spinalonga, accanto a una chiesa – quella di San Cataldo – che già allora era cadente. Un luogo antichissimo, dunque, che la badessa seppe rivitalizzare al punto da morirvi in odore di santità. Giuliana nacque a Collalto (oggi parte del comune di Susegana, in provincia di Treviso) nel 1186: i suoi genitori erano il Conte Rambaldo VI e la Contessa Giovanna di Sant’Angelo di Mantova. A soli dodici anni vestì l’abito benedettino ed entrò nel convento di Santa Margherita di Salarola, sui Colli Euganei, dove strinse amicizia con un'altra novizia di lignaggio nobile, Beatrice I d’Este.
A trentasei anni venne dunque inviata alla Giudecca per fondarvi un convento in un tempo in cui i monasteri – maschili e femminili – rivestivano una grande importanza, specialmente quelli che accoglievano tra le loro mura le giovani delle famiglie nobili più importanti. Giuliana di Collalto, prima badessa del neonato complesso monastico, fece subito della carità la sua cifra e le sue gesta miracolose, con lei ancora in vita, resero la sua esistenza un prodigio.Tra i miracoli attribuitigli si narra di quello avvenuto una notte di Natale quando una burrasca furiosa impedì al sacerdote di approdare al convento per celebrare la messa. Pregando, Giuliana ottenne che scendesse visibile Gesù Cristo dal Cielo: apparve infatti un angelo, che portando il Bambin Gesù, dopo averne annunciata la nascita alle suore, lo ripose nelle braccia “dell’estatica Giuliana, che poté per qualche tempo sfogare gli affetti del suo cuore col divin pargoletto”. In un’altra occasione ridonò perfetta salute con la benedizione al braccio di una monaca, “infranto in minuti pezzi”. In un’altra ancora, sciolse le catene e aprì la porta della prigione a un innocente, che da lontano invocò la sua intercessione.

Durante gli ultimi anni della sua vita patì di forti mali di testa; per questo motivo, e per la fama di taumaturga che la circondò, dopo la sua proclamazione a beata della Chiesa Cattolica divenne la protettrice di chi soffre di emicrania. Morì nel “suo” monastero il primo settembre 1262, all’età di settantasei anni. Raccontano le cronache che il corpo della beata fu chiuso in una cassa di tavole e sepolto nel cimitero comune delle monache, dove se ne perse ogni traccia. Bisognò aspettare trentacinque anni dalla morte della donna perché (era il 1297) si verificasse un fatto straordinario: nel corso della notte comparvero sul luogo della sepoltura decine di piccole fiaccole fluttuanti, molto luminose, che volteggiando come stelle segnalarono il luogo esatto ove giaceva la monaca.

Il suo corpo, spiegano ancora antichi scritti, riposava nella tomba “in guisa di chi dorme, incorrotto dal capo fin alle piante [dei piedi] senza lesione alcuna, di modo che le cartilagini, e le pellicole degli occhi tanto delicate vi si scorgevano affatto intere ed intatte”. Il corpo fu collocato in un nuovo sarcofago ligneo, conservato oggi al Museo Correr di Venezia, che mostra come ancora – in quell'epoca – la pittura veneziana fosse ancora sotto l'influenza di quella bizantina.


Nel 1810 il corpo fu traslato nella chiesa del Redentore e dodici anni più tardi nella parrocchia di Sant'Eufemia (che deve il suo colonnato esterno proprio al recupero, nel 1592, di alcune colonne della chiesa dei Santi Biagio e Cataldo) dove si trova ancora oggi, nella cappella di Sant’Anna.


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Il Gazzettino