Diego Valeri (1887-1976) Poeta, accademico e traduttore Il cantore della Venezia del sentimento...
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Il cantore della Venezia del sentimento “C'è una città di questo mondo / ma così bella, ma così strana / che pare un gioco di fata morgana / e una visione del cuore profondo. / Avviluppata in un roseo velo / sta con le sue chiese, palazzi, giardini / tutta sospesa tra due turchini / quello del mare, quello del cielo”. Basterebbe forse solo l'incipit della sua poesia “Venezia”, per inquadrare Diego Valeri nel novero di quelli che sono entrati nello spirito della città e sono riusciti a rivelarlo.
Eppure – come accaduto a molti altri nella storia – pur non essendo nato a Venezia (non vi morì neppure), trovò in laguna la sua dimensione umana e poetica migliore; perché Valeri – pur essendo un accademico e un traduttore dal francese di altissimo livello – fu essenzialmente un poeta, e per quello è soprattutto ricordato. Nato a Piove di Sacco – nel padovano – il 25 gennaio 1887 da Abbondio Valeri e Giovanna Fontana, crebbe a Padova con la madre e i due fratelli maggiori e lì si formò alle lettere, tra il liceo “Tito Livio” e l'università. Negli anni di studio conobbe Maria Minozzi, che divenne sua moglie e dalla quale ebbe le figlie Nini e Momi (Giovanna e Marina); a ventuno anni conseguì la laurea e nel 1912 vinse un concorso per la cattedra di italiano e latino nei licei e una borsa di studio per un corso di perfezionamento alla Sorbona e all’École pratique des Hautes Études di Parigi. L'esperienza francese fece di lui un grande traduttore: “Madame Bovary” di Flaubert, “Il rosso e il nero” di Stendhal, le “Favole” di La Fontaine (ma anche Goethe, l'“Ifigenia in Tauride” e diversi lirici tedeschi e francesi); ma fu anche un fine saggista e – ovviamente – un poeta, spesso unendo queste sue anime in opere di grande levatura come la “Guida sentimentale di Venezia” – del 1942 –, inno immortale a un certa Venezia dell'anima.
Tra il 1914 e il 1926 insegnò italiano e latino in molti licei della penisola ma il suo profondo antifascismo, mantenuto con fermezza, finì per allontanarlo dalla scuola: Valeri lavorò per la Sovrintendenza alle Belle Arti di Venezia fino al 25 luglio 1943, quando Mussolini fu arrestato e Badoglio divenne capo del governo; per il suo grande equilibrio, capacità, rettitudine fu chiamato alla direzione de “Il Gazzettino”. Ma presto arrivò l'8 settembre e Diego Valeri, esiliato, si rifugiò in Svizzera, dove condivise i giorni del campo di Mürren, nello Jungfrau, con Amintore Fanfani, Dino e Nelo Risi, Giorgio Strehler.
Dopo la guerra ottenne la revisione del concorso universitario dal quale era rimasto escluso per non essere iscritto al Partito Fascista. Si classificò al primo posto e fu subito chiamato all’Università di Padova come docente di Letteratura francese e Storia della Letteratura italiana.
Il Gazzettino