​Buono da Malamocco, il personaggio leggendario, trafugatore del corpo di San Marco

Illustrazione di Bergamelli
La sua figura è una di quelle che tenderebbero ad apparire in secondo piano, rispetto al grande racconto della lunga storia veneziana. E invece, pur essendo un personaggio...

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La sua figura è una di quelle che tenderebbero ad apparire in secondo piano, rispetto al grande racconto della lunga storia veneziana. E invece, pur essendo un personaggio forse leggendario – “costruito” a beneficio delle glorie della Serenissima – fu comunque il protagonista importantissimo di una fase antica e delicata nella nascita di Venezia così come la conosciamo. Perché Buono da Malamocco (che nelle cronache figura a volte come Bono, o Bon, da Metamauco) in meno di vent'anni attraversò in prima persona almeno due avvenimenti capitali, che cambiarono per sempre il corso della storia della città.


Il primo avvenimento è collegato allo spostamento sulle isole realtine del governo della nascente Serenissima per decisione del doge Angelo Partecipazio nell'809, su pressione dei Franchi guidati da Pipino, il figlio di Carlo Magno. Metamauco (non l'attuale Malamocco, ma un'isola che sorgeva nei pressi poi inabissatasi a causa di un maremoto, su cui risiedeva la prima comunità) era meno difendibile, e fu dunque studiato un rapido piano di difesa.

Così, sbarcati a Metamauco, i Franchi la trovarono abbandonata. Sull’isola incontrarono solo una vecchia, che consigliò al nemico di gettare un ponte di legno sulle basse acque della laguna per prendere Rialto, divenuto centro della resistenza veneziana. Ma era una trappola: sentendo le tavole sconnesse oscillare sotto i loro zoccoli, i cavalli si spaventarono e si gettarono in acqua coi loro cavalieri, che furono decimati dai veneziani, la cui vittoria è raccontata anche da Giovanni Diacono nella sua “Cronaca veneziana”. Una strage tale da far attribuire il nome di “Orfano” al profondo canale che ne fu teatro.

Buono da Malamocco prese parte al combattimento, a fianco di Angelo Partecipazio e all'amico Andrea detto “Rustico”, proveniente da Torcello; per questo motivo il doge li nominò entrambi Tribuni. L'influsso di Bisanzio era ancora fortissimo. Buono prese molto seriamente il suo compito, e quando non era in mare (era l'espertissimo capitano della “San Nicola”, e assieme a Rustico scortava i mercanti veneziani verso le rotte orientali) trascorreva le sue giornate ad ascoltare le istanze dei suoi concittadini.

Ma è il secondo avvenimento, quello per cui – giustamente – lo si ricorda più di frequente: il trafugamento delle spoglie di San Marco da Alessandria d'Egitto nell'828, con la conseguente assunzione del simbolo dell'Evangelista a rappresentazione Venezia stessa, che del leone alato si “vestì” e che nel leone alato alla fine si trasformò, agli occhi del mondo.

Contravvenendo alle disposizioni del nuovo doge Giustiniano Partecipazio – figlio di Angelo – che confermando un decreto dell'imperatore bizantino Leone V proibì il commercio con i saraceni, Buono e Rustico raggiunsero Alessandria e grazie alla complicità dei due custodi del sacello del Santo (Staurazio Monaco e Teodoro Prete) ne trafugarono il corpo e lo deposero in una grande cesta, ricoprendolo poi con dei quarti di maiale, carne considerata immonda dalle guardie doganali musulmane che a tale vista si ritrassero inorridite.

Il corpo di San Marco, narrano le cronache, fu accolto in città il 31 gennaio 828 e il doge – su acclamazione del popolo – dopo aver perdonato i due veneziani per essere venuti meno alle sue disposizioni, dichiarò l'Evangelista patrono di Venezia al posto di San Teodoro, troppo legato al mondo greco e bizantino per essere chiamato a proteggere una città che da quell’impero, un po’ per volta, si stava affrancando.


Fu così che si iniziò a costruire la prima basilica di San Marco. Buono da Malamocco e Rustico da Torcello furono ricompensati con cento libbre d'argento; secondo la tradizione, i due amici investirono la cifra nella costruzione di un oratorio, dedicato al “loro” santo, proprio a Torcello. Ciò che rimane di tale costruzione si può ancora ammirare, sull'isola, a pochi passi dalla splendida cattedrale.
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Il Gazzettino