PORDENONE - L'esondazione-lampo che ha colpito Caneva nella notte tra sabato e domenica ha riacceso la spia. E stavolta non si lavora soltanto sull'onda lunga...
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IL RAPPORTO
L'analisi dell'Ispra parte dalle fondamenta, in tutti i sensi. Secondo l'indagine statistica sono 3.359 le case costruite a ridosso di aree soggette a pericolosità idraulica. Poco più di mille, invece, le industrie (perlopiù medio-piccole) che sono state realizzate in posizioni simili. Ma rende ancora più l'idea il dato che riguarda le persone che giorno e notte vivono con l'ansia provocata da un torrente che scorre a pochi passi dal giardino di casa. Secondo la fotografia scattata sul territorio pordenonese dall'Ispra sono 12.645, pari al 4 per cento del totale. È la popolazione di un comune di medie dimensioni. Poco più di 5 mila, invece, i nuclei familiari che aggregati vivono la medesima situazione.
LA MONTAGNA
Oggi in particolare sono sotto la lente la montagna e la Pedemontana, dove i torrenti, che poi diventano affluenti dei principali corsi d'acqua dolce della provincia, scorrono placidi sino alla prima bomba d'acqua, che li ingrossa fino a farli diventare pericolosi. A destare preoccupazione sono soprattutto gli sbarramenti, naturali e non, che impediscono all'acqua di defluire regolarmente. L'esempio del piccolo ponte che a Caneva ha agevolato l'esondazione del Grava è calzante. Ma stando alle stime che arrivano direttamente dai vertici politici della Regione, di situazioni simili ce ne sono a decine. E di abitazioni a ridosso dei torrenti molte di più. C'è anche una competenza mista, che vede impegnati sia la politica regionale (e locale), sia il Consorzio di bonifica Cellina-Meduna. Il pericolo, che fortunatamente non riguarda più Pordenone, dove Meduna e Noncello scorrono senza patemi dopo i lavori milionari eseguiti per metterli in sicurezza, non è presente però solamente nella bassa, tra Pasiano, Brugnera, Prata, Fiume Veneto e Azzano Decimo. Ora anche la montagna si scopre fragile. E non può essere trascurato il rischio derivante dalle frane. Il rapporto dell'Ispra si conclude proprio parlando degli smottamenti, che stando alle analisi svolte in modo capillare sul territorio minacciano un centinaio di famiglie nella zona montana della Destra Tagliamento. Il quadro tracciato dà un segnale: di lavoro da fare ce n'è ancora molto. Saranno necessarie decine di milioni di euro per azzerare i rischi, ma potrebbero volercene molti di più per riparare a un disastro.
Marco Agrusti
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Il Gazzettino