Muore nell'incidente, risarcimento alla fidanzata: «Era come se fossero sposati»

Muore nell'incidente, risarcimento alla fidanzata: «Era come se fossero sposati»
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PADOVA - Vivevano assieme da tre anni. E avevano numerosi progetti di vita in comune. Il primo l'avevano realizzato da poco trasferendosi in un appartamento di Massanzago, nell'Alta padovana. Il sogno di Fabio Marangon e Giada Franceschin si era spezzato in quel maledetto fine settimana. Era il 19 febbraio 2012. Il giovane architetto voleva festeggiare il compleanno con la fidanzata. Avevano scelto di regalarsi una vacanza sulla neve. Mentre percorrevano la A4, all'altezza di Desenzano del Garda, era accaduto l'irreparabile. Un autobus della società Setra non aveva completato correttamente la manovra di sorpasso della  Mazda condotta da Giada Franceschin rientrando anticipatamente sulla prima corsia. La giovane era stata costretta a sterzare all'improvviso. Nella sbandata l'utilitaria si era schiantata contro il guardrail di destra. Fabio era morto sul colpo. 

Come non bastasse il dolore per la perdita dell'uomo della sua vita, Giada ha dovuto affrontare una lunghissima battaglia giudiziaria per ottenere il riconoscimento di un sacrosanto diritto. Quello di essere risarcita per la morte di Fabio.
«Tra la ragazza e il defunto esisteva fin dal 2004 un rapporto sentimentale affettivo pluriennale, concretizzatosi in una stabile convivenza a partire dal 2009. Può quindi certamente affermarsi che tra Giada e Fabio si fosse instaurato un rapporto stabile e duraturo, finalizzato alla formazione di una famiglia, al pari di quello del matrimonio». É il passaggio chiave della sentenza con cui il Tribunale civile di Brescia le ha dato ragione spalancando la strada alla rifusione del danno. Durante il processo la giovane era rimasta infatti con un pugno di mosche. L'autista del bus, un cittadino macedone, aveva scelto la strada del patteggiamento: diciotto mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, ma neppure un euro di risarcimento. L'avvocato Domenico Zanon, che assiste la ragazza, aveva dovuto citare in giudizio l'Ufficio centrale italiano, quale responsabile civile. É l'ente chiamato, in base al codice della strada, a provvedere al risarcimento dei danni derivanti da veicoli in circolazione internazionale.

Ora lo stesso Uci, la società macedone Beldona Mms Dool, proprietaria dell'autobus, e l'autista sono stati condannati in solido tra loro a riconoscere alla ragazza un danno biologico e patrimoniale pari a 180 mila euro.
Luca Ingegneri Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino