Vaia ha distrutto i boschi ma in Val Visdende nessuno vuole ripiantare gli alberi

BELLUNO -  «Devono passare sul mio cadavere se vogliono ripiantare qualcosa qui». Silvano Eicher Clere è il presidente della Regola di Costalta e del...

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BELLUNO -  «Devono passare sul mio cadavere se vogliono ripiantare qualcosa qui». Silvano Eicher Clere è il presidente della Regola di Costalta e del consorzio Visdende che riunisce le quattro Regole del comune di San Pietro. I proprietari terrieri qui hanno le idee chiare: solo la natura può restituire quello che la natura ha tolto. «Riseminare, mettere a dimora le piantine, rappresenterebbe una scorciatoia. Non se ne parla proprio».

 
La Val Visdende è uno dei territori più colpiti dalla devastazione di Vaia. È qui, tra le montagne del Comelico, che finisce la prima giornata della Fiera & festival delle foreste di Longarone. Due giorni di convegni e incontri per capire, un anno dopo la tempesta che ha ridisegnato i boschi della provincia di Belluno, quali siano le strategie da intraprendere per i prossimi anni. Mentre tutti si interrogano su cosa e quanto sia utile ripiantare, quassù hanno le idee chiarissime. A quasi undici mesi il cinquanta per cento della Val Visdende è stato ripulito dai tronchi schiantati.
 


Per completare la rimozione le aziende che hanno vinto gli appalti hanno tempo fino a dicembre del 2020, una montagna di legno venduto attorno ai 14 euro al metro cubo, la precedente asta era andata a dieci volte tanto: 147 euro al metro cubo. Poi a terra rimarranno le ceppaie. Le enormi radici degli alberi che dopo la rimozione dei tronchi punteggiano prati e pendii come delle lapidi in un cimitero di guerra.
 
TAGLIO DEL NASTROAlle dieci del mattino, sulla sua Wolksvagen Golf, vecchia di almeno dieci anni, arriva il neo ministro Federico D'Incà. È la sua prima uscita pubblica da capo del dicastero per i rapporti con il parlamento. Controlla l'emozione, stringe le mani a chiunque e interviene a ruota libera. Senza dribblare nessuna domanda. «È una fiera importantissima, dimostra che questa è un'opportunità. Nel momento di crisi abbiamo trovato la capacità di crescere e di costruire insieme nel territorio, attraverso degli investimenti da parte dello Stato sul dissesto idrogeologico. Novecento milioni di euro in Veneto, gran parte saranno investiti nel Bellunese per il dopo Vaia».
C'è anche il tempo per parlare di autonomia: «Ne ho discusso con Boccia, ministro degli Affari regionali, a margine del consiglio dei ministri dell'altro giorno. Gli ho spiegato che è importante incontrare Zaia e mettere al centro tecnicamente la problematica dell'autonomia. Dando una soluzione ai veneti. Con la Lega nessuna polemica, è già acqua passata: questo è un governo che usa toni diversi, più pacati. Un governo della competenza».

CONVEGNO TECNICOLa mattinata prosegue con gli interventi tecnici. Tommaso Sitzia, docente Tesaf dell'Università di Padova: «Forse non dobbiamo sentirci in debito con la natura o temere di aver sbagliato qualcosa. Forse le zone con meno alberi stanno tornando naturali, com'erano. Rispetto al 1936 in Veneto, prima di Vaia, c'erano il 70 per cento in più di boschi».
Come sempre più dei numeri di quantità e volumi a rendere chiaro il concetto sono altre cifre. Quelle del portafoglio, per esempio: a darle è Emanuele Crosato della struttura commissariale. Il funzionario spiega che i danni ammontano a un miliardo e mezzo, che settanta milioni sono quelli subiti dai privati, sessantatré quelli dal pubblico e centoottantacinque milioni sono quelli che serviranno per il rimboschimento. Al computo ne vanno aggiunti altri cinque milioni sul fronte della pesca. Per far fronte alle esigenze ci sono cinque bandi con scadenza trenta settembre. Ad inizio mese le domande protocollate erano già mille. Spesa documentata di oltre centodue milioni di euro. Delle mille domande già arrivate, trecentodieci sono state presentate dai cittadini e trecentotrenta riguardano le foreste. Sul fronte della somma urgenza già chiesti venticinque milioni di euro e trentacinque milioni sul fronte delle foreste. Il ruolo di rendicontazione spetta ai Comuni che sono soggetto attuatore.


VAL VISDENDEVedere per credere, la giornata messa a punto da Longarone Fiere finisce nella Val Visdende. Telefoni muti, salvo un sms che offre il benvenuto per essere arrivati... in Austria. Diavolerie tecnologiche. «Qui siam molto avanti con i lavori spiega Eicher Clere, il novanta per cento delle piante è già stato rimosso. Completeremo in fretta. Quest'area è privata e qui nessuno vuol ripiantare niente. Gli alberi pregiati che c'erano non possono certo essere seminati, deve essere la natura a fare il suo corso». Capitolo a parte meritano le enormi ceppaie. Marco Cesco Fabbro, guardia boschiva della Val Visdende spiega che forse vale la pena lasciarle dove sono: «Possono aiutare il bosco a ripartire. Le enormi radici tra l'altro, a detta degli esperti, non hanno il problema del bostrico che aggredisce invece i tronchi». La soluzione è facile vista da quassù, ma anche dolorosa.
Andrea Zambenedetti Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino