Rifugi chiusi sulle Dolomiti. Colpa di costi alle stelle e personale introvabile. «Ristoranti e strutture chic? Sono tutta un'altra cosa»

La botta è stata data l'anno scorso dai costi dell'energia, ma anche nel 2023 le condizioni non migliorano e pesa sempre il problema dei lavoratori che sono introvabili

Il rifugio Scarpa questo inverno non apre
BELLUNO - Il rifugio Scarpa di Voltago Agordino non aprirà, lo stesso a Malga Cavallera, dove il problema è il riscaldamento, altri stanno facendo due conti e...

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BELLUNO - Il rifugio Scarpa di Voltago Agordino non aprirà, lo stesso a Malga Cavallera, dove il problema è il riscaldamento, altri stanno facendo due conti e potrebbero non aprire. Sarà un inverno duro, con poche strutture per chi pratica escursionismo in montagna d'inverno: si contano sulle dita di una mano quelle che apriranno nel Bellunese.

Rifugi chiusi sulle Dolomiti Bellunesi, perché?

La botta è stata data l'anno scorso dai costi dell'energia, che aveva portato molti a saltare la stagione. Ma anche nel 2023 le condizioni non migliorano e pesa sempre il problema del personale introvabile. «Al momento le idee sono poco chiare: tutti stanno facendo delle valutazioni», spiega Mario Fiorentini, presidente dell'Associazione dei Gestori dei Rifugi Alpini del Veneto (Agrav) e gestore del Rifugio Città di Fiume sulle Dolomiti, situato a 1.964 nel comune di Borca di Cadore. «L'apertura invernale dei rifugi di montagna, non sulle piste, quindi identificati in senso stretto, è molto complicata e molto onerosa e facendo due conti già alcuni hanno deciso di non aprire», sottolinea.

Quanto guadagna un rifugio e che costi ha


«La reddittività dell'attività in inverno - spiega il rappresentante dei rifugisti - è condizionata da tutta una serie di fattori esterni come meteo, la quantità di neve: sono veramente tante le variabili. Ed è lasciata molto a quella che è la determinazione del settore, che va al di là delle difficoltà. Questo comporta il fatto che se c'è una variabile che diventa fissa come "non trovo dipendenti che vengono sabato domenica" o "l'energia è andata alle stelle" o "c'è un problema di accesso" a quel punto si analizza la questione e ci pensa bene».

Turismo? In montagna in inverno si pensa solo allo sci


Ma il problema vero è che il turismo è indirizzato tutto allo sci, lì si investe, lì si studia la stagione. «Per noi sta diventando impossibile avere delle persone che sono disponibili a venire su solo il sabato e domenica - prosegue Fiorentini -: di 70 candidature che ho analizzato in questi giorni dopo una mia inserzione solo 3 davano disponibilità a lavorare solo i weekend. E non puoi stare aperto tutta la settimana, perché la gestione della destinazione turistica non ha ancora preso in considerazione, così come si dovrebbe, la possibilità di fare escursionismo in montagna, al di fuori delle piste. C'è la famosa monocultura dello sci, ancora radicata: si ritiene che sia l'unica soluzione possibile. Non c'è un'analoga attenzione a altre cose». Le parole del rifugista arrivano il giorno dopo la notizia dei 3 milioni di euro destinati dalla Regione a 10 stazioni sciistiche bellunesi per ammodernare gli impianti. «Ma chi delocalizza il turismo invernale dalle piste ad altre tipologie di movimento non viene preso in considerazione e ti ritrovi a fare i conti solo con la tua buona volontà», riflette Fiorentini. Solo la volontà: e così a volte il rifugista può accettare la sfida di tenere aperto d'inverno, altre no.


Servono aiuti per i rifugi

«I costi che noi abbiamo per stare aperti - ricorda il presidente - solo per fine settimana, i costi fissi, sono tali per cui il fatto che io di domenica abbia 200 persone che vengano dentro significa che sono riuscito a coprire i costi che ho avuto nella settimana. Ricordiamo infatti che, anche se chiusa, la struttura deve essere mantenuta calda e altro». «Quando si parla di rifugi si fa molta confusione, perché a livello legislativo non c'è distinzione - prosegue il referente Agrav -: non identificando bene la tipologia della struttura si fa fatica a capire di cosa stai parlando».

Ci sono i rifugi tipo albergo ristorante, strutture chic e iper accessoriate, che fanno il loro mestiere. Ma sono un'altra cosa

«La verità è che raramente c'è qualcosa per i rifugi: viene finanziato il mondo sci e tutto l'indotto ne porta beneficio, ma se dobbiamo prendere in considerazione altre attività tutto questo non porta nulla». Eppure il margine ci sarebbe: basterebbe investire e il turismo si implementerebbe anche durante la settimana. «È cambiato completamente il paradigma della funzione della montagna d'inverno - conclude Fiorentini - e questo dovrebbe essere seguito con la dovuta attenzione e sostenuto perché ci sono ambiti di territorio delle Dolomiti dove questo tipo di operazione, ovvero l'apertura dei rifugi in inverno, è stata sostenuta. E una vota che tu la sostieni il sistema poi si autoregge. Ma noi da soli, oggi, nel Bellunese, non ce la facciamo». Così al momento i rifugi aperti saranno il Città di fiume, l'Antelao, Malga Ra Stua e pochi altri.

 

 

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Il Gazzettino