Tonnellate di plastica dalla "terra dei fuochi" ai piedi delle Dolomiti I nomi degli arrestati

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BELLUNO - L'immondizia della Terra dei fuochi smaltita illecitamente in Veneto. Con i tir che hanno percorso l'Appennino, da sud verso nord. Contromano, se il metro di paragone sono le indagini dell'ultimo decennio in materia di ecomafie. L'equivalente di una fila di tir lunga sette chilometri o uno strato, alto cinque metri, che copre l'intera piazza San Marco a Venezia: 21 mila tonnellate. In totale sono dodici (uno è ai domiciliari, gli altri in carcere) le persone arrestate dai carabinieri del nucleo investigativo di Belluno, con i colleghi del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale (Nipaaf), su ordine del Gip del Tribunale di Venezia, Francesca Zancan. Altri dieci sono gli indagati. Le accuse vanno dall'associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, passando per l'attività organizzata, fino all'emissione di fatture per operazioni inesistenti.

L'inchiesta sui rifiuti: come è iniziata

L'indagine dei carabinieri è partita nel 2019 nell'ambito di un'altra inchiesta che aveva portato a Fonzaso, nel Bellunese, dove la Sap dei fratelli Dalla Santa era finita sotto la lente d'ingrandimento della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Milano. Se quell'inchiesta si è occupata dei rifiuti partiti da Belluno verso Milano quella della Dda di Venezia (sostituto procuratore Giovanni Zorzi) si sta occupando di come quella spazzatura sia arrivata nel piazzale dell'azienda. «All'inizio non volevamo credere a quello che stavamo scoprendo» ha sintetizzato il comandante provinciale, Francesco Rastelli. Quello che è emerso è che i tir partivano carichi dalla Campania (il luogo non è ancora stato identificato con esattezza) e arrivavano in Veneto: alla Sap di Fonzaso (Belluno), alla Resines di Cavaso del Tomba (Treviso) e alla Emirates Metals di Cartigliano (Vicenza). Tutte e tre le ditte ora sono sotto sequestro preventivo.


Drago a due teste

«Ci siamo trovati davanti ad un drago a due teste - ha spiegato il comandante del Nucleo investigativo, Marco Stabile - parallelamente alla gestione illecita dei rifiuti c'era quella delle false fatture». Per ogni tonnellata smaltita le aziende che si occupavano della pratica incassavano le sovvenzioni del Consorzio per la raccolta della plastica (Corepla) per circa 48 euro a tonnellata. Una cifra in linea con quella pagata, rigorosamente in contanti, dai clienti campani. È a questo punto che si mettevano in moto le cartiere: società gestite da prestanome in grado di emettere una montagna di fatture senza che corrisponda una reale contropartita. In questo modo era possibile far figurare spostamenti di materiale, avvenuti soltanto sulla carta, e di recuperare l'Iva. L'intero volume d'affari veniva poi dirottato in conti all'estero: due milioni di euro, sempre stando alla ricostruzione delle indagini, hanno già varcato i confini nazionali.


Il sequestro

I carabinieri hanno però allungato le mani su un patrimonio di oltre un milione e mezzo di euro con il meccanismo del sequestro per equivalente. Ieri mattina, nel corso delle perquisizioni, a casa di uno degli arrestati è stato rinvenuto un libretto al portatore in cui erano stati depositati centomila euro. Pronti ad essere prelevati in qualsiasi momento. Avendone il tempo.


I nomi degli arrestati

A finire in carcere Alessio Dalla Santa, 45 anni di Sovramonte (Belluno); Angelo Marra, (51) di Serino (Avellino); Moreno Guidolin, (58) di Cartigliano (Vicenza); Salvatore Corcione, (64) di Casalnuovo (Napoli); Giovanni Pezzella, (47) di Napoli; Antonio Maioli (62) di Cercola (Napoli), Paolo Capodanno, (52) di Napoli, Nicola Sansonné (48) residente a Rosà (Vicenza), Michele Burli (51) domiciliato a Possagno (Treviso); Franco Ferramosca Domeniconi, (46) nato ad Arezzo ma residente a Padova e Cesar Daniel Chopusia, (47) residente in provincia di Pisa. Ai domiciliari Christian Guidolin, (25) di Cartigliano (Vicenza).



«L'impressione che abbiamo avuto - ha chiarito Rastelli - è che per gli indagati questo, così garibaldino, fosse il normale modo di operare». Uno degli arrestati, che già si trovava in carcere, ha dei precedenti per mafia. Ma in questa indagine non sono emersi elementi che riconducano alla criminalità organizzata. «Loro hanno provato ad invertire la rotta dei rifiuti, dribblando i controlli più serrati che ci sono in Campania e immaginando che qui le attenzioni fossero più blande. Noi, invece, non ci siamo fatti sorprendere». 

 

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Il Gazzettino