«Il suo ricorso ha fatto perdere tempo alla Giustizia»: multa al killer di Irina

Mihail Savciuc e Irina Bacal
TREVISO È inammissibile il ricorso in Cassazione contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, disposta nei confronti di Mihail Savciuc per...

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TREVISO È inammissibile il ricorso in Cassazione contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, disposta nei confronti di Mihail Savciuc per l’assassinio dell’ex fidanzata Irina Bacal, incinta del loro figlio. E scatta anche una multa. A quasi 12 mesi dall’udienza davanti alla Suprema Corte, sono state pubblicate le motivazioni per cui è stata considerata corretta la valutazione del Tribunale di Venezia nel ritenere adeguata la misura a carico del 20enne di Godega di Sant’Urbano, condannato in primo grado a trent’anni con l’accusa di aver ucciso la 21enne di Conegliano, il 19 marzo 2017 a Formeniga. Per questo il killer dovrà pagare non solo le spese processuali, ma anche duemila euro alla Cassa delle Ammende: l’impugnazione della decisione lagunare, in sostanza, avrebbe solo fatto perdere tempo alla giustizia.

 
LA VICENDA
Il 7 aprile dello scorso anno il Riesame di Venezia aveva rigettato la richiesta avanzata da Savciuc contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa il precedente 24 marzo dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Treviso, in occasione della convalida del fermo. Nella circostanza erano state riepilogate le tappe delle indagini, condotte dalla sezione investigativa del Commissariato e culminate nella confessione del ragazzo: vista l’intenzione di Irina di rivelare la gravidanza alla madre e alla nuova fidanzata di lui, Mihail l’aveva colpita con un sasso, le aveva stretto le mani al collo per due o tre minuti, aveva occultato il cadavere, aveva gettato nel Monticano la pietra e la borsetta della vittima, dopodiché aveva cercato di vendere i suoi monili ad un compro-oro, dove però era stato fermato dalla polizia giudiziaria. A fronte di questo quadro, il gip Bruno Casciarri aveva reputato sussistenti le esigenze cautelari, «per l’estrema gravità del fatto, la giovane età della vittima, il suo stato di avanzata gravidanza, il preesistente rapporto affettivo, i motivi e le modalità efferate, la personalità incline alla violenza».
LE IMPUGNAZIONI
Assistito dall’avvocato Andrea Zambon, il detenuto aveva impugnato l’ordinanza, sostenendo che fosse altamente improbabile l’eventualità di una reiterazione del reato, «maturato in un contesto specifico, correlato al suo rifiuto di accettare la gravidanza impostagli dalla vittima». Ma come riassume la Cassazione, i giudici lagunari avevano definito «illogica» questa tesi, visto che «il ricorso alla violenza nei termini sproporzionati e gratuiti emersi» in quel femminicidio «rendeva imprevedibile il compimento di atti violenti ovvero di atti aggressivi per la persona da parte dell’indagato, che aveva agito con intenso dolo omicidiario, persistendo nella condotta volta alla soppressione della vittima pur potendo recedere», dimostrando così «elevatissima pericolosità» e «totale assenza di autocontrollo». A quel punto era scattata la seconda impugnazione, questa volta davanti alla Suprema Corte, sostenendo che non era stata data adeguata attenzione «alle circostanze personali proprie e della vittima che lo hanno indotto al gesto delittuoso, alle minacce proferite dalla vittima, alla fattiva collaborazione resa nelle indagini e al pentimento espresso»,
LE MOTIVAZIONI

Secondo gli “ermellini”, però, il ricorso «è inammissibile» in quanto le censure sono «manifestamente infondate ovvero non consentite». In particolare i giudici hanno sentenziato che il ricorrente «non ha assolto all’onere di evidenziare gli elementi idonei a dimostrare la insussistenza di esigenze cautelari e la loro tutelabilità con misura diversa». Di conseguenza resta valido il convincimento del Tribunale del Riesame, esposto «in modo logicamente coerente con le emergenze concrete e con adeguata valutazione critica» delle argomentazioni difensive, per cui Savciuc già un anno e mezzo fa doveva rimanere in carcere per il «pericolo di reiterazione criminosa», tale da escludere la «possibilità di adozione della misura della detenzione domiciliare». Attualmente il 20enne è in attesa del giudizio di Appello. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino