Regeni, spunta un supertestimone: «Lo abbiamo sequestrato noi, credevamo fosse spia inglese»

Svolta nel caso Regeni. Spunta un supertestimone nell'inchiesta sul sequestro e l'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore sparito il 25 gennaio 2016 al Cairo e trovato...

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Svolta nel caso Regeni. Spunta un supertestimone nell'inchiesta sul sequestro e l'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore sparito il 25 gennaio 2016 al Cairo e trovato morto pochi giorni dopo. Uno dei cinque funzionari della National security egiziana, il servizio segreto civile di Al Sisi, già sospettati del sequestro del giovane - come raccontano Il Corriere della Sera e La Repubblica oggi in edicola - seduto al tavolo di un pranzo, avrebbe parlato del «ragazzo italiano», dei pedinamenti, delle intercettazioni telefoniche, fino al sequestro di Giulio. L'uomo non si sarebbe accorto di essere ascoltato da un testimone occasionale che ha compreso ciò che veniva detto perchè conosce la lingua araba. Le dichiarazioni di quest'ultimo sono state acquisite nelle scorse settimane dal Pm Sergio Colaiocco.


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Durante la conversazione a pranzo, l'ufficiale della security egiziana avrebbe confidato: «Regeni lo abbiamo sequestrato noi. Credevamo fosse una spia inglese, lo abbiamo preso, io l'ho caricato in macchina e lo abbiamo picchiato. Io stesso l'ho colpito più volte al volto». Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il sostituto Colaiocco - a quanto scrivono i due giornali - considerano la testimonianza attendibile e per questo nei giorni scorsi hanno inoltrato una nuova rogatoria al Cairo. È l'atto di cui ha parlato nelle ultime re il premier Giuseppe Conte, rivelando di aver avuto un lungo colloquio telefonico con il presidente egiziano Al Sisi. Per gli inquirenti italiani ci sarebbero quindi indizi sufficienti a ipotizzare il coinvolgimento del generale Sabir Tareq, del colonnello Uhsam Helmy del maggiore Magdi Ibrahim Albdelal Sharif, dell'assistente Mahmoud Najem e del colonnello Ather Kamal. Finora ci si era basati essenzialmente sui tabulati telefonici e le testimonianze raccolte in Egitto. Ora si aggiunge questa prova testimoniale, sebbene de relato, che conferma e arricchisce il quadro probatorio costruito fino ad ora.

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È stata inviata nella serata di venerdì, dopo una lunga telefonata tra i titolari dell'indagine italiana ed egiziana, la nuova rogatoria dei pm di Roma legata alla vicenda di Giulio Regeni. Il nuovo documento inviato al Cairo è composto da 12 punti che racchiudono il lavoro svolto negli ultimi sette mesi dai carabinieri del Ros e uomini dello Sco. Gli inquirenti italiani chiedono agli omologhi egiziani notizie relative ad una serie di personaggi, tutti appartenenti agli apparati pubblici egiziani, che ruotano intorno ai cinque indagati dalla Procura di Roma. Verifiche anche sul testimone che ha carpito colloquio sul rapimento di Giulio.


Il secondo elemento della rogatoria riguarda gli spunti investigativi presenti nelle tre memorie che il legale della famiglia Regeni ha messo a disposizione del pm Sergio Colaiocco e che rappresentano l'attività di indagine difensiva effettuata. In questo ambito anche le dichiarazioni del testimone che avrebbe ascoltato, nel corso di un incontro, uno degli ufficiali indagati parlare del rapimento di Giulio avvenuto il 26 gennaio del 2016. «Lo abbiamo preso noi perché pensavamo fosse una spia inglese. Lo abbiamo caricato in macchina e picchiato», in sintesi le parole carpite dal testimone. Parole che ora i magistrati capitolini mettono a disposizione anche ai colleghi egiziani per cercare riscontri e proseguire nella collaborazione investigativa.

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Il Gazzettino