Il rapinatore di anziani soli. Un 78enne racconta il suo calvario: «Passava ogni giorno per chiedere cibo, soldi e l'auto»

Lino Cantieri
SUSEGANA - «Veniva da me quasi ogni giorno, all’alba. Rubava cibo, vestiti. Pretendeva soldi: se non glieli davo mi minacciava, mi spintonava. Pretendeva anche la...

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SUSEGANA - «Veniva da me quasi ogni giorno, all’alba. Rubava cibo, vestiti. Pretendeva soldi: se non glieli davo mi minacciava, mi spintonava. Pretendeva anche la macchina. E io non potevo difendermi: lui ha 27 anni, io 78: è più forte e più agile di me». Adesso che il suo aguzzino è dietro le sbarre, Lino Cantieri, 78 anni, tira un sospiro di sollievo. «Non me lo ritroverò più in casa all’improvviso. Spero per un bel po’» - commenta l’anziano, ex operaio dell’Electrolux, che vive da solo in via Colombo, a Ponte della Priula. E si sposta in bicicletta: una mountain bike nera e gialla. «Per forza! La macchina me l’ha sfasciata quel ragazzo centrando un palo della luce in un giorno di pioggia». 


SOTTO SCACCO
Lino è uno dei due anziani rapinati da Youssef Msatfi, il 27enne marocchino arrestato ieri dai carabinieri di Conegliano e ora in carcere a Treviso in custodia cautelare per rapina aggravata in abitazione, furto e lesioni. Tre episodi in un mese e mezzo, di cui due ai danni del pensionato, che però era tenuto scacco da tempo. Se da un lato le rapine del 23 aprile e del 5 maggio sono i due fatti più gravi, dall’altro l’anziano doveva fare i conti quasi quotidianamente con le pretese del giovane. «Mi sono fidato: eravamo amici, all’inizio mi ha chiesto aiuto. Poi le cose sono andate sempre peggio: veniva da me quasi ogni giorno, spesso mi spintonava sul divano. Cercava soldi - racconta il malcapitato - frugava nei cassetti, nelle tasche e delle giacche. Una volta mi ha sfilato 50 euro dal taschino della camicia. Li ha lanciati in aria con arroganza, poi se li è messi in tasca. Prendeva anche biscotti o altre cose da mangiare». Che quel giovane delle case popolari fosse un po’ sbandato, l’anziano lo aveva capito. «Era inserito in un giro di droga: quando l’ho saputo volevo tagliare i ponti. E per un po’ non si è fatto vedere». Ma il 67enne non immaginava che il loro rapporto avrebbe preso una brutta piega. Non fino a qual punto. Più di qualche volta i vicini sono accorsi sentendo il marocchino fare la voce grossa: «L’ho cacciato via spesso: mi dispiaceva vedere che approfittava di un anziano indifeso. Ma lui tornava puntualmente». Tra le richieste c’era anche la macchina. «Se non gliela lasciava, lui prendeva a calci la carrozzeria» - prosegue il vicino. «L’ha usata più di qualche volta per trovarsi con i suoi amici. Voleva guidare lui e io dovevo accompagnarlo» - aggiunge il malcapitato. Proprio durante una di queste “gite forzate” il 27enne avrebbe perso il controllo della vettura, andando a schiantarsi contro un palo a bordo strada. «Eravamo in provincia di Venezia, non so bene dove - dice l’anziano, la fronte contratta nello sforzo di richiamare alla mente qualche dettaglio -. Mi ricordo che pioveva e siamo andati fuori strada. Lui è scappato a piedi lungo i binari della ferrovia per evitare i carabinieri. Per fortuna non ci siamo fatti male. Ma la macchina era da buttare: infatti adesso giro con questa» - dice Lino sconsolato, indicando la bicicletta. 


LA DENUNCIA

Dopo mesi di scorribande in casa sua, con il giovane che gli ripuliva le tasche e la dispensa, il pensionato si è reso conto che la misura era colma. E ha chiesto aiuto ai carabinieri. Youssef non era un volto nuovo per i militari, anzi: il giovane aveva alle spalle piccoli precedenti di polizia, per furto soprattutto. Mai si era spinto a rapinare in casa anziani indifesi. Quando i carabinieri gli hanno mostrato alcune foto segnaletiche di stranieri già tenuti d’occhio, Lino non ha avuto dubbi: ha riconosciuto subito il suo aguzzino. «’Desso l’è in prexon? Ghe sta ben!» - esclama il pensionato, rimasto molto colpito, come tutti nella Marca dalla tragica fine di Adriano Armelin, l’83enne di Pieve di Soligo massacrato in casa da un marocchino ubriaco che sperava di ottenere soldi e un po’ di cibo. Adriano peraltro era originario proprio di Ponte della Priula, dove abita tuttora uno dei figli, proprio a qualche centinaio di metri da casa di Lino. Destini che si intrecciano in uno specchio di inquietanti analogie. 

 

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Il Gazzettino