Ragazzi come vampiri, notti con lo smartphone: «Anche 15 ore al giorno sul web»

I ragazzi passano sempre più tempo attaccati allo smartphone evitando anche di dormire
CONEGLIANO Ragazzi come vampiri: attaccati allo smartphone per buona parte della notte, anche fino alle tre. Il risultato è che dormono sempre meno. E questo si trasforma...

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CONEGLIANO Ragazzi come vampiri: attaccati allo smartphone per buona parte della notte, anche fino alle tre. Il risultato è che dormono sempre meno. E questo si trasforma in stanchezza e irritabilità, con possibili danni sul piano dello sviluppo psico-fisico. Il fenomeno è stato ulteriormente aggravato dall’emergenza Covid, tra lockdown, didattica a distanza e restrizioni varie. Non è solo una sensazione. L’indagine condotta tra 367 studenti dell’istituto Da Collo di Conegliano ha evidenziato come più di un ragazzo su tre (il 35,7%) chatta, naviga sui social, guarda video o serie tv online ben oltre la mezzanotte. Per noia, solitudine e tristezza. Ma anche per semplice mancanza di stanchezza, spesso senza che la famiglia lo sappia. Non solo: quasi il 20% degli studenti ha rivelato di passare più di 15 ore al giorno sul web. La ricerca è stata sviluppata dalla professoressa Maria Serena. Ed è proprio a questa che si è ispirata la Fondazione Ars Medica, braccio operativo culturale dell’Ordine dei medici di Venezia, per il primo convegno in presenza da oltre un anno e mezzo dal titolo “Svegli la notte: il vamping nel salto socio-tecnologico post Covid”, andato in scena venerdì scorso nel padiglione Rama dell’ospedale dell’Angelo di Mestre. Serena è partita da un compito per casa.


LA SORPRESA

«Ho dato una domanda e le risposte degli studenti mi hanno prima stupito e poi allarmato – spiega – quasi la metà diceva di praticare il vamping». Di seguito l’indagine è stata allargata a tutto l’istituto. «È emerso un dato allarmante: i ragazzi vanno a letto molto tardi. Più di un terzo ha dichiarato che non spegne lo smartphone prima dell’una. E qualcuno ha detto di essere abitualmente andato a letto anche alle due o alle tre – sottolinea la docente – in pochissimi riescono a recuperare il sonno perso nelle 24 ore successive. Così restano in deprivazione: significa che i ragazzi sono più stanchi, hanno più difficoltà nell’apprendimento, c’è una memoria più labile ma sono anche più irritabili». «Se alcuni hanno sviluppato una sorta di dipendenza, vanno aiutati – aggiunge – non è sufficiente rimandarli a scuola in presenza e pensare che le cose si sistemino da sole». Il fenomeno è preoccupante anche sotto il profilo della salute. «Noi ce ne accorgiamo quando arrivano all’osservazione degli operatori per gli effetti della deprivazione del sonno: stanchezza, malessere generalizzato, calo del rendimento scolastico, alterazioni dell’appetito – spiega Emanuela Malorgio, pediatra esperta di disturbi del sonno – fino ad arrivare a disturbi dell’umore, aggressività, abuso di droghe e di sostanze eccitanti».


LE CONTROMISURE

Come si può correre ai ripari? «Servono modalità di trattamento e spazi adeguati, vista anche l’età dei soggetti coinvolti», evidenziano Silvia Faggian e Diego Saccon, specialisti dei servizi Dipendenze dell’Usl Serenissima e dell’Usl del Veneto Orientale. Prima di tutto, però, bisogna coinvolgere le famiglie. «Siamo noi il primo esempio – mettono in chiaro Elisabetta Baioni e Ambra Cappellari, neuropsichiatrie infantili – non si può chiedere ai figli di mollare il cellulare di notte se noi lo teniamo sul comodino».

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Il Gazzettino