OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
CONEGLIANO Ragazzi come vampiri: attaccati allo smartphone per buona parte della notte, anche fino alle tre. Il risultato è che dormono sempre meno. E questo si trasforma in stanchezza e irritabilità, con possibili danni sul piano dello sviluppo psico-fisico. Il fenomeno è stato ulteriormente aggravato dall’emergenza Covid, tra lockdown, didattica a distanza e restrizioni varie. Non è solo una sensazione. L’indagine condotta tra 367 studenti dell’istituto Da Collo di Conegliano ha evidenziato come più di un ragazzo su tre (il 35,7%) chatta, naviga sui social, guarda video o serie tv online ben oltre la mezzanotte. Per noia, solitudine e tristezza. Ma anche per semplice mancanza di stanchezza, spesso senza che la famiglia lo sappia. Non solo: quasi il 20% degli studenti ha rivelato di passare più di 15 ore al giorno sul web. La ricerca è stata sviluppata dalla professoressa Maria Serena. Ed è proprio a questa che si è ispirata la Fondazione Ars Medica, braccio operativo culturale dell’Ordine dei medici di Venezia, per il primo convegno in presenza da oltre un anno e mezzo dal titolo “Svegli la notte: il vamping nel salto socio-tecnologico post Covid”, andato in scena venerdì scorso nel padiglione Rama dell’ospedale dell’Angelo di Mestre. Serena è partita da un compito per casa.
LA SORPRESA
«Ho dato una domanda e le risposte degli studenti mi hanno prima stupito e poi allarmato – spiega – quasi la metà diceva di praticare il vamping». Di seguito l’indagine è stata allargata a tutto l’istituto. «È emerso un dato allarmante: i ragazzi vanno a letto molto tardi. Più di un terzo ha dichiarato che non spegne lo smartphone prima dell’una. E qualcuno ha detto di essere abitualmente andato a letto anche alle due o alle tre – sottolinea la docente – in pochissimi riescono a recuperare il sonno perso nelle 24 ore successive.
LE CONTROMISURE
Come si può correre ai ripari? «Servono modalità di trattamento e spazi adeguati, vista anche l’età dei soggetti coinvolti», evidenziano Silvia Faggian e Diego Saccon, specialisti dei servizi Dipendenze dell’Usl Serenissima e dell’Usl del Veneto Orientale. Prima di tutto, però, bisogna coinvolgere le famiglie. «Siamo noi il primo esempio – mettono in chiaro Elisabetta Baioni e Ambra Cappellari, neuropsichiatrie infantili – non si può chiedere ai figli di mollare il cellulare di notte se noi lo teniamo sul comodino».
Leggi l'articolo completo suIl Gazzettino