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Cercare di dare una risposta anche in termini di occupazione ai profughi che sono scappati dall’inferno della guerra in Ucraina e si trovano ospiti nel territorio. Mettendo in relazione le richieste di chi è disponibile a lavorare con le necessità e la disponibilità di quelle imprese che faticano a trovare manodopera. A questo obiettivo punta il protocollo per l’inserimento lavorativo dei profughi al quale stanno lavorando le categorie economico-produttive del Friuli occidentale con la Prefettura. All’iniziativa, già da qualche settimana, aveva cominciato a lavorarci Confindustria Alto Adriatico, dopo aver raccolto la disponibilità ad assumere le persone arrivate dall’Ucraina da una dozzina di imprese associate. Aziende manifatturiere, in particolare del legno-arredo e della metalmeccanica. Il progetto è stato presto allargato alle altre categorie visto che la necessità di un certo tipo di manodopera riguarda i diversi settori. Così anche Confartigianato, Confcommercio, ConfCooperative e Coldiretti hanno dato la loro disponibilità a partecipare al progetto. Come hanno subito risposto “sì” anche le organizzazioni sindacali provinciali di Cgil, Cisl e Uil. Con la formula così strutturata e con il coordinamento della Prefettura (il prefetto Domenico Lione ha subito creduto a questa possibilità e ha mostrato immediato interesse) è il primo protocollo sull’occupazione dei profughi a livello italiano.
LA MANODOPERA
Cercare di unire la richiesta delle persone rifugiate che si sono temporaneamente sistemate sul territorio e le esigenze delle aziende che si dicono disponibili ad assumerle non è però cosa semplice. È infatti necessario tenere conto di diverse situazioni che l’intesa tra le categorie e la Prefettura hanno cercato di affrontare a di risolvere.
I CONTRATTI
Il protocollo prevede inoltre l’applicazione - non è evidentemente possibile fare diversamente - di contratti a tempo limitato: probabilmente alcuni mesi. Il tempo infatti è legato anche al tipo di permesso di chi i rifugiati godono per rimanere sul territorio che è della durata di un anno. Insomma, lo strumento per l’integrazione lavorativa è stato predisposto. Ora dovrà partire il lavoro per fare incrociare domanda e offerta. L’iniziativa sul fronte dei profughi può ritenersi “figlia” di quel “modello partecipativo” che nel pordenonese aveva coinvolto tutte le categorie produttive, il sindacato e la Prefettura durante la fase più delicata e difficile del lockdown e della gestione della pandemia. Un sistema che ora il territorio vuole replicare a fronte della nuova emergenza, quella della guerra e dell’accoglienza dei profughi ucraini.
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Il Gazzettino