Nuove accuse di violenza per il prete "social": «Mi ha baciato e toccato quando ero in ospedale»

Nuove accuse per don Federico De Bianchi, l’ex parroco di S. Giustina e Val Lapisina,
VITTORIO VENETO - «Non so come chiamarlo... l’imputato mi ha avvicinato durante il mio primo ricovero, nel 2010. Non ero lucido, non avevo i riflessi pronti, ma mi ha...

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VITTORIO VENETO - «Non so come chiamarlo... l’imputato mi ha avvicinato durante il mio primo ricovero, nel 2010. Non ero lucido, non avevo i riflessi pronti, ma mi ha baciato e palpeggiato». È il racconto drammatico che fa uno dei 4 giovani, difesi dall’avvocato Jacopo Stefani e Stefania Vettorel, che sarebbero stati molestati da don Federico De Bianchi, l’ex parroco di S. Giustina e Val Lapisina, finito a processo per violenza sessuale a seguito di una denuncia sporta nel 2015. Si tratta di un ragazzo che al tempo dei fatti si trovava ricoverato nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Conegliano per effetto di un Tso. 


IL RACCONTO
«Mi ha toccato sul pene... vicino a quella zona - dice il giovane - era lui, don Federico, lo riconosco. Credo che la ragione per cui si trovava là era che voleva aiutare, poi dopo quello che mi ha fatto non so più a cosa pensare». «Io mi trovavo nel reparto dove c’era anche lui, barcollavo per effetto degli psicofarmaci ma ero in piedi. E lui si è avvicinato a me e mi ha molesto. Era la prima volta che lo vedevo e lui mi ha baciato. Sulla bocca, si è avvicinato senza dire nulla e l’ha fatto. Ho capito che era un prete da come era vestito. Poi ha iniziato a palpeggiarmi, io ero in pigiama, non mi ricordo esattamente se fosse dentro o fuori i pantaloni ma per quello che mi ricordo era sotto. L’ha fatto due volte, la prima ero scioccato, ma non ce l’ho fatta a respingerlo, la seconda invece sì. È avvenuto tutto in pochi attimi, praticamente nello stesso momento. La prima volta è riuscito a baciarmi e a toccarmi, la seconda l’ho spinto via».

Il giovane poi racconta la prima volta che ha fatto parola con qualcuno riguardo quello che è successo. «È stato con mia mamma, ma non ha dato peso a quello che ho detto, forse perché l’ho detto a messa. Poi ne ho parlato con due ragazzi che avevano detto di aver subito la stessa cosa. Ero in comunità, a Villa Delle Rose a Vittorio Veneto, una volta eravamo fuori a fumare una sigaretta parlando del più e del meno ed è uscita la storia». «Poi - insiste - ne ho parlato anche con un infermerie. Ero con altre persone della comunità e ho visto don Federico per strada, ho dato in escandescenze. Mi stavo arrabbiando e lui mi ha chiesto il perché». 
I PROSSIMI PASSI


Ieri l’udienza è stata aggiornata a marzo per l’indisponibilità di uno dei testimoni della pubblica accusa, dato che lavora nel Regno Unito e dovrebbe sottoporsi a quarantena una volta rientrato nel nostro paese. Poi, a maggio, sarà la volta dei numerosi testi convocati dalla difesa, rappresentata dagli avvocati Stefano Trubian e Maurizio Paniz. De Bianchi, il “parroco social”, brillante e attivissimo su Facebook dove aveva raggiunto i cinquemila contatti, continua a dirsi innocente e ha voluto affrontare il processo senza la scorciatoia del rito alternativo per proclamare la sua innocenza.

 

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Il Gazzettino