PORDENONE - Alcuni degli alberi che erano stati da poco piantati in via Cappuccini sono stati avvelenati. Ad uccidere le due piante di pero che si trovavano subito dopo il...
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LE ANALISI
«Le analisi, effettuate da un istituto accreditato dalla legge, hanno fornito un risultato incontrovertibile e indicano chiaramente un’azione dolosa», spiega il tecnico del verde del Comune, Monica Cairoli. I valori riscontrati nei campioni di terreno e nelle piante (che i tecnici comunali avevano provveduto subito a raccogliere) possono essere riconducibili a tre possibili “veleni”: il normale sale da cucina, il sale da strade, il clorato di sodio, un diserbante non più in commercio. Qualcuno, insomma, avrebbe versato una di queste sostanze in quantità tale da far morire gli alberi.
IL SINDACO
Il sindaco - che già il 4 ottobre aveva usato parole molto dure («Se fosse confermato l’avvelenamento significa che c’è un clima di cattiveria e di odio che non è assolutamente giustificabile») - ieri ha ribadito: «Siamo di fronte a un atto vile e intollerabile, una vera vergogna che non ha precedenti nella storia della città. Queste sono le conseguenze nate dal fatto che qualcuno ha soffiato costantemente sul fuoco, esasperando la vicenda degli alberi di via Cappuccini. Il Comune o Gea sporgeranno formale denuncia contro ignoti visto che si è trattato di un atto di delinquenza e sabotaggio finalizzato a creare imbarazzo e disagio».
ALBERI SOSTITUITI
Le chiome dei due peri ornamentali, finiti nel mirino degli avvelenatori, erano appassite improvvisamente, dopo solo tre o quattro giorni dalla loro messa a dimora. Un deperimento troppo improvviso che aveva subito insospettito Monica Cairoli e il titolare della ditta fornitrice degli alberi, Walter Toffoli. Da qui la decisione di compiere le analisi per fugare ogni dubbio. «Ogni pianta – spiega Cairoli - ha una soglia di tolleranza alla salinità. Il laboratorio ha evidenziato la presenza di valori due volte e mezzo superiori a tale soglia. Tale livello provoca il disseccamento della chioma e la successiva morte della pianta». Solo un paio di giorni dopo la scoperta la ditta fornitrice aveva provveduto a sostituire le piante, per altro donandole al Comune.
D.L Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino