In 150 urlano in silenzio: «Lasciate in pace gli alberi»

In 150 urlano in silenzio: «Lasciate in pace gli alberi»
PORDENONE - Piazza XX Settembre, via Mazzini (ancora all'ombra dei tigli), la stazione, la svolta su via Cappuccini e il momento più iconico, la sfilata lungo una via...

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PORDENONE - Piazza XX Settembre, via Mazzini (ancora all'ombra dei tigli), la stazione, la svolta su via Cappuccini e il momento più iconico, la sfilata lungo una via Cappuccini che sembrava quasi allestita apposta per dare un titolo forte al pomeriggio. Grigia, spoglia, silenziosa come il corteo che l'attraversava. Lì, dove i tigli sono già stati tagliati, la manifestazione ha trovato il suo capolinea, di fronte al cimitero «perché si trattava di fatto di una marcia funebre». 

 
Erano in 150, ieri, a sfilare senza urla e senza slogan per salvare gli alberi cittadini dai provvedimenti comunali che immaginano una Pordenone meno verde sull'altare della funzionalità e di una parola inglese - restyling - che sembra giustificare in modo inappellabile ogni colpo di piccone. Pochi giovani, tanti pordenonesi e - senza insegne - altrettanti esponenti di partiti di opposizione e di associazioni ambientaliste. 
GLI SLOGAN«Il nostro silenzio oggi ha urlato». È la scritta sul cartello retto dal consigliere pentastellato Mara Turani. Al suo fianco, a guidare il corteo, il parlamentare grillino Luca Sut, ma anche gli esponenti del Meta e de Il Tiglio verde. Poco alle spalle il dem Conficoni, il consigliere Salvador (Pordenone 1291) e pordenonesi qualsiasi, arrivati in piazza XX Settembre per provare a giocare l'ultima carta - quella del gesto di civile dissenso - per non veder andare a terra anche gli alberi di via Mazzini, viale Marconi e via Piave. «Non siamo famosi, nessuno ci ha spinto a venire in piazza, ci siamo spinte da sole». Sandra e Marisa non hanno bandiere in mano. Sono pordenonesi da sempre, non hanno in mano un certificato elettorale o la tessera di partito. «In questa città sta scomparendo il bello e ci dispiace - dicono -, in tutta Europa piantano gli alberi, noi invece li lasciamo cadere. Non sappiamo se la manifestazione serva, di certo vogliamo provare a far cambiare idea al Comune». Roberta Masat e Domenico Ortolan, una di Fontanafredda, l'altra pordenonese, alzano i toni: «Alle promesse non crediamo più. La terra è di tutti, gli alberi sono anche nostri. In viale Marconi ci sono soluzioni alternative, non cancelliamo la storia di tutti noi». 
IL PASSAGGIOIl corteo è partito da piazza XX Settembre e ha affrontato via Mazzini. Una volta superata la stazione, la svolta a destra su via Cappuccini, teatro della prima battaglia campale (persa) per salvare i tigli. Lì il silenzio si è fatto più rumoroso. «Qui dovrebbero far nascere nuovi alberi? Onestamente è difficile crederci», hanno rilevato in molti guardando le nuove aiuole a bordo strada. Il cimitero come capolinea, con un'ultima foto di rito e lo striscione con la scritta «salvami» nuovamente in prima fila.
All'orecchio dell'amministrazione possono essere arrivati due messaggi: la presenza degli esponenti dell'opposizione, a colorare politicamente l'iniziativa, oppure il buon numero di pordenonesi accorsi volontariamente. 

I RAGAZZIGianluca Travasci, 23 anni, guidava il gruppetto dei giovani di Fridays for Future, il movimento ambientalista che si ispira alla svedese Greta. Con lui quattro studentesse del liceo, ad abbassare a fatica l'età media del corteo, molto tendente agli anta. «Siamo qui perché l'ambiente è una priorità soprattutto per noi giovani - ha detto Travasci - e ci prepariamo a un nuovo sciopero scolastico per il 24 maggio». La loro voce è rimasta isolata. Gli altri ragazzi di Pordenone erano seduti al bar. Era sabato pomeriggio, forse non si poteva pretendere di più.
Marco Agrusti
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Il Gazzettino