«Non trovo profughi da far lavorare». Le coop: «Sono troppo impegnati»

«Non trovo profughi da far lavorare». Le coop: «Sono troppo impegnati»
PORDENONE - Sono più di ottocento. Se assoldati potrebbero pulire aiuole, tenere i parchi in buone condizioni, dipingere pareti, in poche parole curare il patrimonio...

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PORDENONE - Sono più di ottocento. Se assoldati potrebbero pulire aiuole, tenere i parchi in buone condizioni, dipingere pareti, in poche parole curare il patrimonio pubblico. Invece il Comune non riesce più ad averli a disposizione, perché le cooperative che li hanno in gestione li ritengono «troppo impegnati per spostarsi». La storia arriva da Pordenone, e precisamente dalle stanze del municipio. La racconta il vicesindaco Eligio Grizzo. Lo fa parlando della situazione attuale che riguarda i migranti, perché sono loro i protagonisti della vicenda. Il Comune cercherebbe lavoratori socialmente utili. Anzi, sarebbe meglio dire volontari, perché l'incarico non prevederebbe - come da normativa vigente - un compenso in denaro. Ci si vorrebbe rivolgere alla platea dei richiedenti asilo, spesso accusati di non svolgere alcuna attività durante la giornata. L'ente avrebbe bisogno di forza lavoro in grado di svolgere compiti di pubblica utilità: dalla cura delle aiuole alla tinteggiatura delle pareti degli edifici di pertinenza  comunale, sino alla cura dei parchi. «La risposta che ci arriva sempre più spesso - spiega però Eligio Grizzo, vicesindaco di Pordenone e assessore alle Politiche sociali - è questa: i richiedenti asilo attualmente sono troppo impegnati e non possono prestare la loro opera. Per noi, quindi, è a conti fatti impossibile impiegarli per i lavori socialmente utili di cui abbiamo bisogno». Sembra un paradosso, ma la situazione attuale è questa: le stesse persone accusate di rimanere con le mani in mano, in realtà sono fin troppo impegnate per poter lavorare alle dipendenze del Comune. Le cooperative che gestiscono il complesso sistema dell'accoglienza dei migranti, in questo frangente sono chiare: i programmi di integrazione sono serrati e prevedono una serie di attività durante i giorni feriali. Impossibile, perciò, dirottare i richiedenti asilo verso il Comune e le sue esigenze. Il modello applicato alcuni anni fa proprio in città, quindi, non sarebbe in alcun modo replicabile. 


L'ESPERIENZA

Per far lavorare i richiedenti asilo, anche con forme contrattuali che non prevedono la corresponsione di un compenso in denaro, è necessaria innanzitutto un'assicurazione. Al giorno d'oggi, però, bisogna anche dialogare con le tante cooperative che negli anni sono entrate a far parte del sistema di accoglienza e gestione dei flussi migratori. E lo sviluppo dei programmi che coinvolgono i richiedenti asilo è stato importante. «Spesso - prosegue ancora Eligio Grizzo - ci sentiamo rispondere che i migranti che vorremmo far lavorare devono seguire lezioni di italiano, o che sono impegnati in lezioni che serviranno loro a trovare un lavoro in futuro. Vorremmo tanto poter riavviare i progetti già sperimentati in passato, ma ad oggi sembra davvero impossibile». Anni fa i richiedenti asilo (si era in piena fase emergenziale delle ondate migratorie in Friuli Venezia Giulia) furono impiegati gratuitamente dal Comune (non senza qualche polemica, dovuta proprio alla gratuità della prestazione) ad esempio per la cura del verde pubblico, e nello specifico dei parchi cittadini. Erano circa trenta, e indossavano delle pettorine che permettevano loro di essere identificati con chiarezza. «Oggi tutto questo non è più possibile - critica ancora Grizzo -, anche se speriamo che il decreto Salvini liberi nuove risorse. Coloro i quali saranno giudicati meritevoli di assistenza, infatti, potranno prestare la loro opera al servizio del Comune per svolgere alcune attività di pubblica utilità». Il tutto almeno fino a quando non saranno inseriti in programmi che prevedono l'insegnamento dell'italiano o l'avviamento al lavoro. In quel momento torneranno ad essere troppo occupati. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino