PORDENONE - Sono più di ottocento. Se assoldati potrebbero pulire aiuole, tenere i parchi in buone condizioni, dipingere pareti, in poche parole curare il patrimonio...
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L'ESPERIENZA
Per far lavorare i richiedenti asilo, anche con forme contrattuali che non prevedono la corresponsione di un compenso in denaro, è necessaria innanzitutto un'assicurazione. Al giorno d'oggi, però, bisogna anche dialogare con le tante cooperative che negli anni sono entrate a far parte del sistema di accoglienza e gestione dei flussi migratori. E lo sviluppo dei programmi che coinvolgono i richiedenti asilo è stato importante. «Spesso - prosegue ancora Eligio Grizzo - ci sentiamo rispondere che i migranti che vorremmo far lavorare devono seguire lezioni di italiano, o che sono impegnati in lezioni che serviranno loro a trovare un lavoro in futuro. Vorremmo tanto poter riavviare i progetti già sperimentati in passato, ma ad oggi sembra davvero impossibile». Anni fa i richiedenti asilo (si era in piena fase emergenziale delle ondate migratorie in Friuli Venezia Giulia) furono impiegati gratuitamente dal Comune (non senza qualche polemica, dovuta proprio alla gratuità della prestazione) ad esempio per la cura del verde pubblico, e nello specifico dei parchi cittadini. Erano circa trenta, e indossavano delle pettorine che permettevano loro di essere identificati con chiarezza. «Oggi tutto questo non è più possibile - critica ancora Grizzo -, anche se speriamo che il decreto Salvini liberi nuove risorse. Coloro i quali saranno giudicati meritevoli di assistenza, infatti, potranno prestare la loro opera al servizio del Comune per svolgere alcune attività di pubblica utilità». Il tutto almeno fino a quando non saranno inseriti in programmi che prevedono l'insegnamento dell'italiano o l'avviamento al lavoro. In quel momento torneranno ad essere troppo occupati. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino