Peste suina, scatta l'allerta negli allevamenti: colpa dei cinghiali

Peste suina, allerta negli allevamenti
PORDENONE L’allerta sul possibile contagio della peste suina africana è arrivato anche in regione. Nelle settimane scorse il virus dell’aggressiva malattia che...

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PORDENONE L’allerta sul possibile contagio della peste suina africana è arrivato anche in regione. Nelle settimane scorse il virus dell’aggressiva malattia che colpisce cinghiali, maiali domestici e di allevamento - mentre, è bene precisarlo, è assolutamente innocua e non trasmissibile per l’uomo - è arrivato anche in Serbia. Già in precedenza era presente in forma endemica in altri Paesi dell’Europa centrale e dell’est come Polonia, Repubblica Ceca e Romania. È per questo che la Regione, nei giorni scorsi, ha provveduto a prendere provvedimenti che prevedono l’abbattimento di femmine di cinghiali per evitare il rischio che il virus della peste suina africana possa penetrare dal confine orientale.  Una situazione di massima attenzione e di allerta che si è trasferita anche a livello territoriale: nel Friuli occidentale si concentra infatti buona parte del comparto regionale degli allevamenti suinicoli. Sono circa sessanta gli allevamenti (di diverse dimensioni) con oltre 120 mila capi. E nel comparto della zootecnia, come conferma anche la Coldiretti provinciale, si guarda con una certa apprensione e preoccupazione al fenomeno che ha colpito i Paesi dell’Est. Nei paesi in cui si sono registrati i focolai della malattia (per la quale non esiste il vaccino) i danni al settore sono stati enormi. I primi provvedimenti di prevenzione sono già stati presi dalla Regione. Con le autorità sanitarie della Slovenia si è corsi ai ripari creando una zona di rispetto transfrontaliera. Entro il prossimo mese di marzo, nell’aria di rispetto che si è individuata a ridosso dei confini dei due paesi, dovranno essere abbattuti cinquecento (250 in regione, altrettanti in Slovenia) esemplari di cinghiale femmina in età fertile. Il provvedimento ha l’obiettivo di ridurre la riproduzione degli animali selvatici, che sono considerati uno dei maggiori veicoli di contagio, e di conseguenza il rischio della possibile infezione. Insomma, a fronte dell’emergenza scoppiata nei Paesi dell’Europa centrale (a preoccupare maggiormente i focolai nella non lontana Serbia) le autorità sanitarie e gli operatori del comparto si mobilitano per prepararsi all’eventuale emergenza.

INFORMAZIONE
Anche il servizio di Veterinaria e salute animale dell’Aas5 di Pordenone sta svolgendo un’azione di informazione e di controllo delle procedure sulla bio-sicurezza del comparto degli allevamenti in collaborazione con gli operatori del comparto. La situazione - fanno sapere dal Servizio sanitario dell’Azienda 5 - è di preoccupazione, ma non è tale da creare allarmismi. Sul settore zootecnico e su tutta a filiera i controlli routinari sono rigorosi per cui le condizioni di bio-sicurezza sono elevate. I veri rischi arrivano dai cinghiali selvatici e da altre situazioni (per esempio cacciatori che tornano da battute nei Paesi dell’Est, prima del rientro dovrebbero disinfettare attrezzature, vestiti e trofei) che non sono controllabili. Per cui, sul fronte della prevenzione, anche le categorie e i cittadini devono fare la propria parte.
IL VADEMECUM

Le persone che provengono o transitano da aree infette possono rappresentare veicoli inconsapevoli di trasmissione del virus agli animali attraverso pratiche igieniche o di smaltimento dei rifiuti non corrette. Per prevenire l’introduzione del virus è quindi importante non portare dalle zone infette prodotti a base di carne suina o di cinghiale, come carne fresca o surgelata o insaccati. Non somministrare avanzi o rifiuti alimentari a suini domestici e non lasciare rifiuti alimentari in aree accessibili a cinghiali che potrebbero contrarre il virus. Utile, inoltre, segnalare alle autorità il ritrovamento di cinghiali selvatici morti. Della questione si sta occupando anche l’eurodeputato leghista spilimberghese Marco Dreosto che, il 20 novembre, organizzerà a Bruxelles un seminario sul tema. «Sul territorio - ha detto - c’è parecchia preoccupazione tra gli operatori di un comparto molto sviluppato poiché legato anche al settore agroalimentare dei prosciutti».
D.L Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino