L'intramontabile energia della Pfm fa rivivere le canzoni di De Andrè

Franz Di Cioccio (foto Rosa)
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VENEZIA «Abbiano anche recuperato i campanellini di Fabrizio di “Giugno 73”». Franz Di Cioccio, con la sua impareggiabile energia, prima del concerto ci aveva spiegato fino a che punto di meticolosità arrivava questa rivisitazione di quella musica di 40 anni fa. Un approccio rigoroso, solido e molto raffinato che alla fine degli anni Settanta aveva lanciato il poeta genovese in un nuovo mondo fatto di suoni elettrici. L’altra sera in un teatro Goldoni esaurito da settimane, la Premiata Forneria Marconi è tornata a riproporre tutte le canzoni di quello storico incontro che ha cambiato il percorso della canzone italiana. E come ricordano con orgoglio gli stessi musicisti della Pfm, era stato proprio De Andrè, dopo un’iniziale titubanza, a sostenere il progetto di fondere due diversi mondi sonori. «La tournée con loro è stata un’esperienza irripetibile - aveva spiegato il cantautore - perché si trattava di un gruppo affiatato con una storia importante, che ha modificato il corso della musica italiana. Ecco, un giorno hanno preso tutto questo e l’hanno messo al mio servizio».

Mescolando sapientemente accenti classici a ritmi più tradizionali, al Goldoni la Pfm ha seguito con straordinaria puntualità tutto il repertorio di quell’indimenticabile tour partendo da “Bocca di Rosa” e poi passando alle imperdibili “Andrea” e “Rimini”. Certo, come cantante Franz Di Cioccio (73 anni di pura vitalità)  non ha la dimestichezza di De Andrè, (lo stesso batterista, dopo qualche incertezza, ha spiegato che i testi sono davvero complessi), ma con “La buona novella” il concerto è entrato nel vivo mettendo in luce l’attualità delle invenzioni di Djivas, Fabbri, Premoli e dei nuovi innesti. «Anche Fabrizio - ha precisato divertito Franz - leggeva i fogli con i testi. Quando gli abbiamo chiesto come era possibile, visto che li aveva scritti lui, ci ha risposto “Belin, non si sa mai”». 
Poi il colpo a sorpresa con Di Cioccio che annuncia un salto indietro nel tempo: torna alla batteria e fa partire l’inconfondibile voce registrata di De Andrè sulle note della “Canzone di Marinella” che poi da il via al gran finale con “Amico fragile” e i bis del “Pescatore” e dei classici Pfm “Celebration” e “Impressioni di settembre”.

E qui, con tutto il pubblico in piedi ad acclamare la band, viene da fare un’analisi su questa pagina di musica. Furono davvero in molti, in quel 1979, tra giornalisti ed addetti ai lavori, a sostenere che il purismo di De Andrè rischiava di essere rovinato dal suono di una rock band. Ma se a 40 anni di distanza questi arrangiamenti reggono il tempo, c’è da riflettere non solo sulle critiche che presto svanirono, ma anche (ma questo è un ragionamento più generale), sulle nuove proposte della musica italiana. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino