Colline del Prosecco, il prefetto Sidoti: «Pericolo di caporalato e infiltrazioni mafiose»

Il tavolo tecnico presieduto dal prefetto di Treviso Angelo Sidoti
TREVISO - Caporalato, sfruttamento del lavoro e infiltrazioni della criminalità organizzata. Nella Marca gli occhi sono puntati in particolare sulle colline del Prosecco...

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TREVISO - Caporalato, sfruttamento del lavoro e infiltrazioni della criminalità organizzata. Nella Marca gli occhi sono puntati in particolare sulle colline del Prosecco tra Valdobbiadene e Conegliano. L’area è stata inserita nell’ultimo rapporto nazionale su Agromafie e caporalato a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto e della Flai Cgil. «In quella zona ci sono state delle evidenze, dei casi in agricoltura prontamente repressi dalle forze di polizia – spiega il prefetto Angelo Sidoti – il rapporto denuncia una situazione grave a livello nazionale. E nemmeno la provincia di Treviso è indenne».



Il caporalato non conosce confini. Non potrebbe essere altrimenti: una stima diffusa dall’Università di Padova indica che tra il 6 e il 7% delle società di capitali nel solo Veneto sono legate in qualche modo a una persona coinvolta in un’inchiesta per mafia. «Ed è una percentuale sottostimata», specifica Stefano Caporossi, colonnello capo della Dia del Triveneto, la direzione investigativa antimafia. E va da sé che il rischio di sfruttamento aumenta dove c’è una maggiore presenza di immigrati, spesso in condizioni di fragilità sia sociale che economica. Il punto è stato fatto ieri nel corso dell’incontro in prefettura sul progetto “Treviso Net-work: servizi in rete per la legalità del lavoro”.

Negli ultimi due anni le forze dell’ordine hanno portato alla luce anche nella Marca diversi casi di sfruttamento dei lavoratori, molto spesso stranieri, in particolare nei settori dell’agricoltura e dei laboratori tessili. Le paghe erano anche inferiori ai 3,20 euro all’ora. Con turni massacranti da oltre 10 ore, senza permessi o ferie e senza il pagamento di contributi assicurativi e previdenziali. Per non parlare delle tasse. «Lo sfruttamento evoca forme di schiavitù e inquina il libero mercato. E chi usa manodopera sottopagata, o proprio non pagata, spesso tralascia qualsiasi aspetto riguardante la sicurezza sul lavoro – nota Sidoti – il caporalato nel tempo si è evoluto con forme sempre più sofisticate, attraverso la costituzione di società o cooperative false, intestate a prestanome compiacenti, nate esclusivamente per fornire forza lavoro con paghe da fame e facendosi carico solo formalmente degli obblighi e dei contributi assicurativi».

Il meccanismo più utilizzato è quello delle imprese “apri e chiudi” che somministrano lavoratori. Il reato in questione è intermediazione illecita. «Il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro è diffuso in modo abbastanza massiccio anche qui. E purtroppo non stupisce, visto lo sviluppo dell’economia in questa zona – sottolinea Marco Martani, procuratore capo di Treviso – si tratta di fenomeni molto gravi, che ledono la dignità delle persone che vengono sfruttate, mettendo in pericolo la loro incolumità e in alcuni casi arrivano anche a violare la stessa libertà. In più, alterano la concorrenza sul mercato, dato che le imprese che sfruttano la manodopera hanno costi minori rispetto a chi segue le regole. Non da ultimo, vengono danneggiati anche gli interessi erariali perché le forme di sfruttamento del lavoro sono sempre collegati a forme di evasione fiscale e contributiva pressoché totali. Sfruttando il sistema “apri e chiudi”, con il cambio dei titolari, non vengono pagate le imposte, il debitore risulta insolvente e quei soldi nel concreto non possono essere recuperati». Alla fine si lucra pure su cassa integrazione e sui sussidi di disoccupazione. «Così, prendendo le parole di un Gip della procura distrettuale di Venezia – è il richiamo del colonnello capo della Dia del Triveneto – paradossalmente il pizzo alle cosche viene pagato dall’erario. E quindi da tutti noi».

I migranti sono le persone più esposte sul fronte dello sfruttamento. «Sono spesso vittime di questo meccanismo. Ma le forze dell’ordine sono molto attente. Nell’ultimo anno abbiamo visto importanti operazioni di contrasto soprattutto nel settore dei laboratori tessili – evidenzia il procuratore – i conseguenti procedimenti in questo ambito per noi sono molto importanti. È un fenomeno al quale diamo priorità nonostante la carenza di personale».

L’obiettivo è alzare ulteriormente la guardia in termini di controllo. «La criminalità organizzata si è via via trasformata sempre più in criminalità imprenditoriale – tira le fila Caporossi – le cosche di arricchiscono anche con la complicità di una parte grigia del mondo imprenditoriale, tesa essenzialmente alla massimizzazione del profitto. E’ necessario dare risposte con un approccio corale, prendendo in considerazione tutte le dinamiche che coinvolgono il mondo del lavoro».

 

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Il Gazzettino