OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
VENZONE - Ha voluto scoprire il mondo con tre settimane d'anticipo, il piccolo Niccolò. Aveva così tanta fretta di lanciare i suoi primi vagiti in una Venzone ancora addormentata che è nato in casa, sul tappeto del bagno, grazie al coraggio di mamma Ilenia, 37 anni, e al sangue freddo di papà Luca Fadi, che ha seguito passo passo al telefono le istruzioni fornite dall'operatore della centrale Sores di Palmanova.
IL RACCONTO
«È stato un flash», racconta papà Luca, operaio, 40 anni compiuti ad aprile, travolto da una giornata che sembrava non finire mai e da un evento gigantesco. Tutto è cominciato domenica sera. «Ilenia verso le 2 già non si sentiva bene. Ma ha detto: Sono tre settimane di anticipo e non ci ha dato peso. Avendo già avuto un figlio (il fratellino ha due anni e due settimane ndr), non ci sembrava in procinto di partorire. Mi ha detto: Vai a dormire in camera, che io dormo sul divano, che sto più dritta e guardo la tv. Dopo, dalla stanza ho sentito che andava in bagno più volte. Alle 3.20, il rumore dell'acqua che scorreva nella vasca. Sono uscito per vedere come stava. Tutto ok, ha risposto. Beh, penso non saranno passati neanche dieci minuti. Tutto ok?, le ho chiesto. Eh no, meglio che chiami tua madre che venga a vedere del bambino mentre noi andiamo in ospedale.
L'ORGOGLIO
Anche per il primo figlio, racconta Luca, «si era trattato di un parto molto veloce: anche quello poteva nascere in macchina». Ma il piccolo Niccolò ha battuto ogni record. Con l'ambulanza arrivata da Gemona, il trasporto a Udine. L'unico cruccio, per Luca, è che anche stavolta non è riuscito a fare un dono prezioso. «Avrei voluto donare il cordone ombelicale per le cellule staminali. L'altra volta, con il primo figlio, mi sono dimenticato perché ero impanicato. Stavolta è andata così e tutto preso dall'euforia non mi sono ricordato». Anche il sindaco di Venzone si è congratulato. «Mi ha detto che forse sono 40 o 50 anni che non nasce un bambino in casa a Venzone. Forse, era successo nel 76, nelle tendopoli post sisma. Dovrà verificare». Il babbo ostetrico è pieno di orgoglio. Ma ha avuto paura? «No, paura, no. Sangue freddo, tanto». E anche tanta stanchezza. Perché dopo l'ospedale, «sono tornato alle 9.30 a casa, ho vestito il piccolo e lo ho portato a fare l'inserimento di mezz'ora all'asilo». Poi, di nuovo la corsa in ospedale per assicurarsi che il piccolo miracolo fosse ancora al suo posto. «Se festeggeremo? Speriamo di arrivarci, come i Dpcm permettono». Infine, un grazie agli operatori della Sores. «Sono stati bravi a guidarmi. Perché gestire un parto in remoto è difficile. È andato tutto bene. E quella è la cosa più importante»».
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino