Era stato allontanato dalla casa in cui c’erano moglie e figli, dopo che intervennero i carabinieri per una lite in famiglia. Ma lui non si dava per vinto: non voleva stare...
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Ieri mattina il caso è approdato di fronte al gup Enrica Marson in Tribunale a Belluno. L’imputato era difeso dall’avvocato Mauro Gasperin, poi sostituito dalla collega Sonia Sommacal, e i famigliari si sono costituiti parte civile con l’avvocato Roberta Resenterra di Feltre. L’udienza si è chiusa con il rinvio a giudizio al 22 novembre, quando ci sarà il processo pubblico.
La vicenda risale al periodo tra il 20 aprile 2018 e il 4 settembre dello stesso anno, quando ci fu la denuncia dell’ennesimo “appostamento” davanti alla casa di Feltre. Secondo l’accusa che la Procura rivolge al padre sarebbe stato un piano per creare ansia e angoscia nei famigliari. Per questo si sarebbe appostato vicino alla loro casa, sarebbe andato di notte vestito “da ladro”. E soprattutto avrebbe tempestato i figli con una marea di messaggi telefonici e whatsapp, con tanto di foto simboliche e sanguinose in cui annunciava gesti autolesionistici, o peggio li minacciava di fare loro del male. Contro di lui c’era tanto di provvedimento del Tribunale dei Minori di Venezia, scattato secondo l’articolo 333 del Codice Civile, ovvero quello che scatta nel caso di “Condotta del genitore pregiudizievole ai figli”. Praticamente lo scalino prima della decadenza della potestà genitoriale. Una decisione che lo aveva turbato a tal punto da mettere in atto quelle condotte, ora finite a processo. Secondo la difesa il rapporto con i figli era ottimo, tanto che si scambiavano messaggi e parlavano: non erano quindi atti persecutori. Secondo parte civile e accusa invece quanto subìto avrebbe creato nei bambini uno stato d’ansia e paura tanto da arrivare a temere per la propria incolumità e essere costretti a cambiare tragitti e cambiare anche le loro abitudini di vita.
La verità si saprà nel processo.
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Il Gazzettino