Il giro del mondo in sella a una motocicletta: «Sette mesi d'avventura»

Paolo De Dea e la sia Bmw
BELLUNO - Giro del mondo andata e ritorno, Paolo De Dea è tornato. Dopo sette mesi a zonzo per il globo in sella alla sua Bmw GS 1200, ieri alle 15.30 il proprietario...

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BELLUNO - Giro del mondo andata e ritorno, Paolo De Dea è tornato. Dopo sette mesi a zonzo per il globo in sella alla sua Bmw GS 1200, ieri alle 15.30 il proprietario dell'Excalibur noto nel web come cacciatore di avventure, ha fatto ritorno alla base. Con qualche cicatrice, quasi 68 mila km in più sulla moto e tante storie da raccontare. Come quando in Pakistan ha girato scortato dalla polizia o come quando in India, in preda al mal di pancia, per giorni si è nutrito solo di banane. Ieri, al gruppo di amici e di collaboratori che l'hanno accolto festanti al locale, ha raccontato a spizzichi e bocconi l'avventura. Con l'entusiasmo di chi ce l'ha fatta e con la voglia di ripartire.

 

È partito il 21 maggio ed è tornato il 7 dicembre: si riesce a fare il giro del mondo in meno di sette mesi?
«Non mi ero prefissato una durata precisa, per il viaggio. Sarebbe potuto durare sette come nove mesi. È stato più corto del previsto perché intoppi di natura burocratica mi hanno fatto perdere settimane di tempo, di conseguenza non mi è stato più possibile andare in Alaska perché avrei trovato troppa neve. Ho saltato anche il Canada, per lo stesso motivo, e il Messico per motivi di sicurezza».
Ma è stato in Pakistan: dà l'idea di uno che non si spaventa davanti a nulla.
«In effetti non ho mai avuto paura, ho prestato sempre molta attenzione a tutto e a tante situazioni, ma vero timore non l'ho provato. Per il Messico, però, è un'altra storia. Poche settimane prima di andarci due miei amici centauri sono stati aggrediti da due malviventi travestiti da poliziotti, sono stati picchiati e uno di loro è stato in fin di vita per diverso tempo. Non volevo correre rischi».
Ha vissuto situazioni spiacevoli?
«Solo in Australia, l'unico Paese dove davvero pensavo non sarebbe successo nulla. Di notte qualcuno ha aperto i due borsoni laterali attaccati alla moto, ma non c'era dentro nulla perché portavo sempre tutto in camera».
E in Pakistan?
«Lì il Governo fornisce la scorta a chiunque entri nel Paese, così l'ho attraversato con i poliziotti in motocicletta a fianco. Non l'ho potuto visitare, è un territorio in guerra ed è pericoloso. Lì, per la prima volta, ho capito cosa significhi la guerra in una nazione. C'era filo spinato ovunque ed era vietato fare qualsiasi cosa, sono praticamente sempre rimasto chiuso in camera».
È guarito dalle punture del ragno violino?
«Adesso sì, ma le conseguenze del primo morso me le sono portate avanti per diversi giorni. In tutto sono stato punto tre volte, mi restano un paio di cicatrici. Avrei pensato che mi potesse succedere di tutto, ma mai di finire in ospedale per un ragno».
Voglia di ripartire o di riprendre il proprio posto all'Excalibur?
«Riparto la prossima estate, insieme a un amico toccheremo i Paesi Baltici, la Russia e Capo Nord. Abbiamo già gli sponsor, Givi e Bmw saranno con noi».
Quindi sempre in moto?
«Certo. Bmw ha già detto di voler darmi il nuovo modello in uscita a breve, mentre la moto utilizzata per questo viaggio la vuole esporre come cimelio insieme a tutto l'abbigliamento».
Riparte con un amico, ha forse sofferto la solitudine?

«In certi momenti non è stato facile, soprattutto quando mi fermavo a rilassarmi avrei voluto chiacchierare con qualcuno. Davanti a tramonti mozzafiato e a paesaggi stupendi, poi, mi sorgeva il desiderio di condividere tutta la bellezza che stavo vedendo».
Alessia Trentin Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino