«Cerco il padovano che oggi vive grazie al polmone di mio figlio»

Alessandra con la mamma Rosa
PADOVA - "Loro ci cercano, e noi cerchiamo loro. Conoscerli mi permetterebbe di continuare a voler bene a mio figlio, grazie ai suoi doni, tramite loro". Rosa Bua...

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PADOVA - "Loro ci cercano, e noi cerchiamo loro. Conoscerli mi permetterebbe di continuare a voler bene a mio figlio, grazie ai suoi doni, tramite loro". Rosa Bua è una mamma che ha vissuto il peggiore dei drammi. Il suo Alessandro, che di cognome faceva Quitadamo e viveva con lei a Busto Arsizio, è morto l'ultimo dell'anno. Un 31 dicembre da incubo. Alessandro, 33 anni, s'era sentito male tre giorni prima di Natale, era piombato improvvisamente a terra proprio mentre si accingeva a salutare i colleghi prima delle ferie. Doveva assentarsi per le vacanze dal centro di revisione veicoli dove lavorava a Gallarate, e invece, aneurisma nella variante "blister-like", la più grave, violenta, da togliere il fiato. Il ricovero all'ospedale di Varese in condizioni disperate, il tentativo di un intervento, i medici che tentano il tutto per tutto, le condizioni che sembrano stabilizzarsi, poi un secondo aneurisma cerebrale, la fine. E quella volontà, chiara ai familiari. Alessandro muore il giorno di San Silvestro, poco prima che il resto del mondo brindi al nuovo anno, e dona gli organi. Il cuore, il fegato, i due reni, i polmoni. Il primo dell'anno cinque interventi in giro per l'Italia restituiscono la vita ad altrettante persone in lista d'attesa. I polmoni vengono impiantati su un uomo di 58 anni che torna a vivere in una sala operatoria dell'Azienda ospedaliera universitaria di Padova per mano dell'équipe di Chirurgia toracica e centro trapianto di polmone diretta dal professor Federico Rea.

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Il Gazzettino