PADOVA - Picchiata e umiliata. Violata nella sua sfera più intima e gettata in pasto al pubblico ludibrio. Vittima una 31enne. Il carnefice, invece, come spesso accade,...
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LA VICENDA
I militari dell’Arma, della stazione di Padova Principale, guidati dal luogotenente Giovanni Soldano, si sono presentati alla porta del 32enne sabato pomeriggio per notificargli la denuncia che arriva a seguito di una breve attività d’indagine scaturita dalle dichiarazioni della donna. La vittima, dopo l’ennesima litigata, le botte e l’umiliazione di veder inviati i suoi scatti intimi ad alcuni amici e parenti, si è presentata in caserma e ha denunciato il compagno, stanca di subire violenze, fisiche e psicologiche. La 31enne ha raccontato che la sera precedente, venerdì, al culmine dell’ennesima lite con il fidanzato, lui l’ha picchiata. Poi, mentre lei si riprendeva dalle botte, l’uomo le ha rubato il cellulare, è entrato nella galleria e si è inviato alcuni scatti erotici di lei. Quindi, dal suo numero, ha spedito le foto a luci rosse ad altre persone, suoi amici, ma anche parenti della ragazza, per vendetta.
LA DECISIONE
Non era la prima volta che il compagno la maltrattava. Ma la 31enne ha deciso che sarebbe stata l’ultima. Così il giorno dopo si è rivolta ai carabinieri. Ha raccontato tutto quello che aveva dovuto subire negli ultimi mesi e l’ha denunciato. I militari hanno investigato sulla faccenda: non ci è voluto molto per trovare le prove che confermassero quanto dichiarato dalla donna.
LA LEGGE
Il decreto legge sul “codice rosso” recentemente approvato da Camera e Senato, punisce chiunque invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. Il “revenge porn” viene punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15mila euro. Stessa pena per chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o il video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate per danneggiarle. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da una persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa o se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. Il delitto viene punito a querela della persona offesa. Il termine per la proporre la querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale.
Marina Lucchi Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino