Giostraio ucciso, l'avvocato Crea contro chi difende Zen: «Ignorano la legge»

L'avvocato Fabio Crea, legale di parte civile per i familiari di Manuel Major
TREVISO - La condanna a nove anni e sei mesi per omicidio volontario, confermata dalla Cassazione, nei confronti di Massimo Zen ha scatenato una lunga serie di reazioni sia sui...

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TREVISO - La condanna a nove anni e sei mesi per omicidio volontario, confermata dalla Cassazione, nei confronti di Massimo Zen ha scatenato una lunga serie di reazioni sia sui social che da parte delle istituzioni, con in testa il presidente della Provincia Stefano Marcon («Stava svolgendo il proprio lavoro. Si auspicava la tutela dell’aggredito e non dell’aggressore») e l’ex deputato ed ex sindaco di Castelfranco Luciano Dussin («Si riconferma il distacco tra istituzioni e sentimenti dei cittadini»). Dichiarazioni, che hanno spostato una vicenda giudiziaria su un piano politico, che non sono piaciute all’avvocato Fabio Crea, parte civile per i familiari di Manuel Major, il giostraio ucciso il 22 aprile 2017 dalla guardia giurata 52enne di Cittadella. 


IL PROCESSO

«Quel giorno Zen non era in contatto con i carabinieri ma si inserì illecitamente nelle loro frequenze per “intercettare” l’auto dei fuggitivi dopo aver percorso circa 15 chilometri dal luogo della sua attività di vigilanza - afferma l’avvocato Crea - È falso poi affermare che le guardie giuriate appartengano alle forze dell’ordine: il suo compito non è quello di catturare i malviventi ma, nel caso di presenza di reati in flagranza, di avvertire la propria centrale operativa. Zen, infine, esplose tre colpi di pistola e non due, l’ultimo peraltro da tergo sempre verso l’abitacolo dei fuggitivi quando questi erano già passati». Dichiarazioni rese a margine dell’udienza di ieri mattina che vede imputati due colleghi di Zen, Manuel Cancarello e Christian Liziero, 48 e 49 anni, entrambi residenti a Paese e dipendenti della Battistolli: il primo è accusato di favoreggiamento per aver piazzato sul luogo del delitto una pistola giocattolo per “avvalorare” la versione di Zen, e tutti e due per interferenza sulle comunicazioni dei carabinieri per aver utilizzato uno scanner per carpire le loro conversazioni durante l’inseguimento in corso dell’auto della vittima, che viaggiava assieme a due complici.


LA CRITICA 

Crea lancia quindi una stoccata a politici e rappresentanti delle istituzioni che si sono schierate con Zen: «Dovrebbero avere maggiore rispetto per le istituzioni stesse: i fatti processuali sono stati esaminati e decisi da 9 giudici - chiude il legale - Serve un approccio prudente su fatti e prove processuali che non si conoscono prima di avventurarsi in considerazioni circa il “distacco tra istituzioni e sentimenti dei cittadini”. Sarebbe il caso di ricordare che le sentenze vengono pronunciate “in nome del popolo italiano”, ma non “in nome dei sentimenti del popolo italiano”, e, soprattutto, vengono pronunciate nel rispetto della legge, che “è uguale per tutti”.  Chi ritiene che i giudici debbano decidere non secondo la legge bensì seguendo i sentimenti dei cittadini, ritiene evidentemente che si debba abbandonare lo Stato di diritto.

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Il Gazzettino