PIEVE DI CADORE - «Omicidio aggravato dalla ipotesi delle premeditazione e dell'aver adoperato sevizie e agito con crudeltà». È questa...
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«Izzo è credibile, fornisce una descrizione della ragazza altamente coincidente con Rossella, riconosce il piazzale della Villa Narducci, dove avvenne la violenza». Sono solo alcune delle ragioni con le quali la difesa di zia Peppina chiede il processo per i 7 indagati. Oltre a Izzo, ci sono i nomi che lui chiamò in correità e che sono ancora in vita (altri nominativi appartengono a persone già morte). Quindi gli indagati sono Giovanni Guido, detto Gianni, Marco Acquarelli, Giampietro Parboni Arquati, Serafino Di Luia, Enrico e Fabio Annoscia. La difesa chiede l'imputazione coatta, in prima istanza, o almeno nuove indagini. Chiede ad esempio il confronto tra Izzo e le persone chiamate in correità. O ancora l'ispezione e il sequestro della villa sul lago Trasimeno per cercare eventuali tracce biologiche della ragazza che venne seviziata su un tavolo, ancora oggi presente in quella casa.
«Papà mi raccomando, non muoverti di qui, aspettami che dopo passo a prenderti». Sono state queste le ultime parole di Rossella in quel giorno d'estate in cui era uscita per la prima volta da sola. «Il capitano dei Carabinieri di Cortina - raccontò la mamma di Rossella - , quando i cani si sono fermati vicino alla panchina, ha detto: Questa ce l'hanno rubata, è stata fatta salire su una macchina e l'hanno portata via. Si sono fermati lì, vicino alla panchina». Dora Coletti, che gestiva un negozio di alimentari riferì poi alla polizia giudiziaria di aver visto una ragazza con un maglioncino verde con macchina fotografica (oggetti che la Corazzin aveva con sé al momento della scomparsa) a bordo di una Campagnola di colore verde e targata Venezia. È lo stesso tipo di vettura citata da Izzo, che parla di fuoristrada. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino