Caso Corazzin, «Hanno ucciso Rossella, ora devono essere processati»

Lunedì 10 Dicembre 2018 di Olivia Bonetti
Caso Corazzin, «Hanno ucciso Rossella, ora devono essere processati»
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PIEVE DI CADORE - «Omicidio aggravato dalla ipotesi delle premeditazione e dell'aver adoperato sevizie e agito con crudeltà». È questa l'imputazione coatta che la difesa di Giuseppina Trevisan, 84enne di Tai di Cadore, chiede per il processo ai 7 indagati per la morte di Rossella Corazzin. La 17enne di San Vito al Tagliamento (Pordenone) scomparve il 21 agosto 1975 a Tai, dove si trovava in vacanza proprio nella casa di zia Peppina. Uscì per fare delle fotografie e non fece più ritorno.  Nel 2015 Angelo Izzo, il mostro del Circeo che sta scontando l'ergastolo in carcere a Velletri, raccontò la sua verità su Rossella all'allora procuratore di Belluno, Francesco Saverio Pavone. La  ragazza sarebbe stata rapita, sequestrata per giorni in un capanno a Rimini, poi portata in una villa sul lago Trasimeno dove sarebbe stata violentata e uccisa. Belluno trasmise gli atti, per competenza, a Perugia che indagò. Archiviò una prima inchiesta senza cercare i parenti ancora in vita di Rossella, per l'eventuale avviso. Chiese l'archiviazione poi anche per una seconda inchiesta, ma questa volta, dopo il clamore mediatico, diede avviso a zia Peppina. La parente si è affidata all'avvocato Antonio Maria La Scala, dell'associazione Penelope, che si è opposto alla chiusura del caso. Esporrà le sue ragioni nell'udienza che si terrà di fronte al gip, in Tribunale a Perugia il 12 aprile.
«Izzo è credibile, fornisce una descrizione della ragazza altamente coincidente con Rossella, riconosce il piazzale della Villa Narducci, dove avvenne la violenza». Sono solo alcune delle ragioni con le quali la difesa di zia Peppina chiede il processo per i 7 indagati. Oltre a Izzo, ci sono i nomi che lui chiamò in correità e che sono ancora in vita (altri nominativi appartengono a persone già morte). Quindi gli indagati sono Giovanni Guido, detto Gianni, Marco Acquarelli, Giampietro Parboni Arquati, Serafino Di Luia, Enrico e Fabio Annoscia. La difesa chiede l'imputazione coatta, in prima istanza, o almeno nuove indagini. Chiede ad esempio il confronto tra Izzo e le persone chiamate in correità. O ancora l'ispezione e il sequestro della villa sul lago Trasimeno per cercare eventuali tracce biologiche della ragazza che venne seviziata su un tavolo, ancora oggi presente in quella casa.
«Papà mi raccomando, non muoverti di qui, aspettami che dopo passo a prenderti».

Sono state queste le ultime parole di Rossella in quel giorno d'estate in cui era uscita per la prima volta da sola. «Il capitano dei Carabinieri di Cortina - raccontò la mamma di Rossella - , quando i cani si sono fermati vicino alla panchina, ha detto: Questa ce l'hanno rubata, è stata fatta salire su una macchina e l'hanno portata via. Si sono fermati lì, vicino alla panchina». Dora Coletti, che gestiva un negozio di alimentari riferì poi alla polizia giudiziaria di aver visto una ragazza con un maglioncino verde con macchina fotografica (oggetti che la Corazzin aveva con sé al momento della scomparsa) a bordo di una Campagnola di colore verde e targata Venezia. È lo stesso tipo di vettura citata da Izzo, che parla di fuoristrada. 

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