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PAESE - Un odio che covava da tempo per quel fratello che era rimasto a vivere nella casa paterna. E gestiva l'azienda agricola dei genitori, morti entrambi. Massimo Pestrin ha scaricato addosso a Lino, 62enne, un caricatore della sua Glock 17 di ordinanza e poi ha rivolto l'arma contro la cognata Rosanna Trento. Li ha uccisi entrambi e poi si è costituito. «Venite a prendermi» ha detto alla sala operativa della Questura. Il movente? Un intrico tra dissidi familiari, un rancore profondo e problemi di natura economica. Il padre Umberto, era morto da un paio di anni, la mamma Bruna Dametto era mancata poco tempo fa, alla fine dello scorso anno. I sei figli erano stati chiamati per l'eredità. In un momento in cui le cose per Massimo si erano complicate, con la separazione dalla moglie a cui aveva lasciato l'appartamento a Treviso che condivide con i due figli. Era dovuto tornare nella casa paterna. Ospitato temporaneamente nell'abitazione in via Monsignor Breda dal fratello Lino e dalla moglie Rosanna.
RIFACEVA I LETTI
Una convivenza forzata. Lui andava e veniva. Usciva per lavoro: da quindici giorni era guardia giurata per l'istituto di vigilanza Carniel. Aveva la pistola, una Glock 17, appunto con 17 colpi. Quella stessa pistola che ha usato per uccidere il fratello e la cognata esplodendo 10 colpi contro di loro.
In quale ambiente è maturato questo duplice omicidio? E perchè? Dall'esterno, in vicini, dipingono i Pestrin come una famiglia unita.
LE INDAGINI
Le indagini dei carabinieri e della Procura della Repubblica sono proprio indirizzate a capire il movente del duplice omicidio. Massimo Pestrin è stato sentito ieri in caserma a Montebelluna, dal sostituto procuratore Michele Permunian, assistito dal legale d'ufficio Annalisa Zanin. Ha reso dichiarazioni spontanee ed è stato poi condotto in carcere a Santa Bona. Oggi è prevista la convalida dell'arresto per duplice omicidio aggravato e il gip, probabilmente entro venerdì, disporrà la misura da applicare a Pestrin. La sequenza dell'omicidio è abbastanza chiara. Pestrin è giunto a casa, in via Monsignor Breda, a Paese, in sella alla sua moto. È sceso con la pistola in pugno. Ma ha "scarrellato" facendo cadere tre bossoli nell'aia. Quindi si è diretto verso la cucina, a piano terra dove il fratello e sua moglie stavano pranzando. E ha sparato. La ragione dell'esecuzione? Motivi economici, di sicuro. Ma anche dissidi familiari. Un rancore che aveva radici antiche e che si era acuito con la convivenza forzata degli ultimi tempi. Le parole non bastavano più. Massimo si è fatto ragione con la forza della pistola. Ed è rimasto, impassibile, ad aspettare i carabinieri. Senza sottrarsi al verdetto della giustizia.
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Il Gazzettino