Uccise il padre col machete, condannato a 9 anni: nuova perizia per stabilire se il giovane era in grado di intendere

La scena dell'omicidio di Edis Cavazza a Sant'Apollinare, frazione di Rovigo
ROVIGO  - Una nuova perizia per accertare la capacità di intendere e di volere ed il grado di maturità di Patrick Cavazza, il giovane che il 4 febbraio dello...

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ROVIGO  - Una nuova perizia per accertare la capacità di intendere e di volere ed il grado di maturità di Patrick Cavazza, il giovane che il 4 febbraio dello scorso anno, nel campo dove viveva con tutta la famiglia, a Sant’Apollinare, ha colpito a morte il padre Edis, detto Chicco, 45enne sinto, disoccupato, con un machete di mezzo metro. Lo scorso maggio il ragazzo, che attualmente si trova nel carcere minorile di Bologna, è stato condannato in primo grado, in abbreviato, a 9 anni e 4 mesi per omicidio, già al netto dello sconto di un terzo della pena in virtù del rito scelto, dal Tribunale per i minori di Venezia in forma collegiale.


 

LA VICENDA
Il parricidio si è consumato in un clima di violenza e degrado, come emerso chiaramente e drammaticamente dalle testimonianze e dagli atti d’indagine del processo parallelo, quello all’allora fidanzata del giovane, la 27enne Annalisa Guarnieri, di Adria, che l’11 febbraio scorso è stata condannata in primo grado dalla Corte d’Assise del Tribunale di Rovigo a 21 anni di reclusione per omicidio in concorso, perché secondo l’accusa formulata nei suoi confronti dal pm Maria Giulia Rizzo, che ha coordinato le indagini della Mobile rodigina, non solo sarebbe stata lei a procurarsi due machete, uno dei quali utilizzato dal fidanzato per colpire il padre, comprandoli in una tabaccheria il 26 gennaio, nove giorni prima del fatto, ma avrebbe anche “rafforzato l’intento criminoso” del ragazzo spronandolo a reagire alle prevaricazioni del genitore, oltre a tenere a bada con un coltello la madre e i fratelli che si trovavano in una delle roulotte, minacciandoli in modo che non intervenissero a dividere padre e figlio, nel momento in cui l’omicidio si è consumato. Poi i due erano fuggiti sull’auto del morto, ritenendo, a loro dire, che fosse solo ferito, diretti verso l’abitazione del padre di lei, a Ceregnano, dove appena tre ore dopo era scattato il fermo da parte della Mobile.

STRADE GIUDIZIARIE
Il percorso giudiziario dei due fidanzati si è subito separato visto che Patrick al tempo era ancora 17enne e la sua posizione è stata vagliata da Procura e Tribunale dei minori di Venezia. Il difensore, l’avvocato Alberto Zannier del foro di Venezia, con la scelta del rito abbreviato era riuscito a veder accolta la richiesta di sottoporlo a una prima perizia, per valutare maturità e capacità di intendere e volere. «Le conclusioni del perito del Tribunale - aveva rimarcato Zannier - anche a seguito di test neuropsichiatrici, sono state molto chiare: si parla di un’incapacità di intendere e volere totale, di una personalità non formata e quindi dell’impossibilità di accertarne i relativi disturbi, e di una capacità intellettiva ridotta, inferiore a quella di un quattordicenne».

Alla luce di questo, il legale, che si era detto «perplesso per il fatto che il Tribunale si sia discostato dalla perizia del proprio consulente, tanto più in un processo a un minore, necessariamente da recuperare e rieducare e non con 9 anni di carcere», aveva subito preannunciato l’appello. Proprio nel processo di secondo grado, ha evidenziato ieri Zannier, «a seguito dei motivi di appello della difesa è stata riaperta l’istruttoria per effettuare nuova perizia, con rinvio all’udienza del 13 gennaio per l’incarico al perito. La corte ha condiviso le mie motivazioni in merito al fatto che con una perizia che accerta l’incapacità di intendere e volere o si rinnova la perizia o si assolve: qualora la seconda perizia confermi la prima, Patrick verrà assolto».
 

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Il Gazzettino