Stagista morto a Noventa, papà Enzo: «Mio figlio Giuliano, martire tradito dagli adulti»

Stagista morto a Noventa, papà Enzo: «Spero che Giuliano sia l'ultimo martire tradito dagli adulti»
NOVENTA  DI PIAVE - «Purtroppo l’ho affidato agli adulti e spesso gli adulti tradiscono i giovani. Spero sia l’ultimo di questi martiri innocenti...

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NOVENTA  DI PIAVE - «Purtroppo l’ho affidato agli adulti e spesso gli adulti tradiscono i giovani. Spero sia l’ultimo di questi martiri innocenti affinché altri genitori non si trovino a soffrire come la nostra». Un dolore lucido e composto quello di Enzo De Seta, papà di Giuliano De Seta, ucciso a 18 anni da una barra di ferro del peso di circa venti quintali che lo ha schiacciato senza lasciarsi scampo. Lui che voleva, appena terminato l’ultimo anno all’Itis “Da Vinci” di Portogruaro, iscriversi al Politecnico di Milano e diventare ingegnere. È morto un venerdì pomeriggio di fine estate, il 16 settembre, pochi minuti prima della fine del turno, nella fabbrica, la Bc Service di Noventa, dove da circa una settimana stava svolgendo uno strage nell’ambito del progetto alternanza scuola-lavoro.

Mamma e papà lo stavano attendendo a casa, a Ceggia: era uscito attorno alle 7.30 con il pranzo che consumava in azienda. Quell’attesa uguale a tante altre per la famiglia De Seta si è tramutata in una via crucis che sarà scandita dal susseguirsi delle notizie, dalle tragiche conferme, dallo sviluppo delle indagine, dall’iter giudiziario.

«Giuliano l’ho salutato la mattina. Mi sono affacciato alla sua camera, l’ho guardato dormire e poi sono partito per andare in azienda a San Polo di Piave, una multinazionale metalmeccanica, dove ci sto da circa trent’anni. Giuliano invece si alzava un po’ più tardi».

Quando vi siete parlati per l’ultima volta? 

«La sera prima, giovedì. Mi aveva detto che terminato il lavoro a Noventa, all’indomani, venerdì, voleva andare a Caorle con la fidanzatina per festeggiare i 18 anni di un loro amico. Sapeva che preferivo non girasse in auto con i suoi coetanei e così ci eravamo messi d’accordo che li avrei accompagnati io. Poi la cena dalla ragazza per tornare massimo alle 23 perché doveva riposare a sufficienza. Era un ragazzo semplice, affettuoso e rispettoso. No. Non lo dico perché era mio figlio. Giuliano era proprio così. Curioso della vita, ambizioso, con la voglia di imparare e divertirsi in maniera sana come tanti diciottenni».

Poi quella giornata iniziata come tante si è trasformata in un incubo.

«I carabinieri hanno suonato alla porta di casa e mi hanno chiesto di seguirli a Noventa da Giuliano. Ho intuito che fosse capitato qualcosa di brutto. E quando mi hanno detto che sarei dovuto salire in macchina con loro, mi è crollato il mondo addosso. Mia moglie ha cominciato a piangere. E all’altro nostro bambino di 10 anni non è servito spiegare nulla: era innamorato di suo fratello, avevano un rapporto speciale».

Davanti alla sede della Bc Service, dalla certezza ai timori. Giuliano non c’era più. Il titolare sconvolto che lo ha abbracciato facendogli le condoglianze, i volti pietrificati dei dipendenti, le transenne.

«Mi sono mancate le forze. Ho realizzato che avevo perso mio figlio. Ho sentito il vuoto che non mi lascerà mai. Un padre non è preparato, non può essere preparato ad affrontare uno strazio così lacerante. Perché? Non so nulla della dinamica dell’incidente, non so se fosse solo. Quello che so è che è morto e che tutto è sotto sequestro, anche la sua salma».

Sabato mattina il penoso pellegrinaggio all’obitorio dell’ospedale di San Donà. L’avvocato di famiglia, Luca Sprezzola, ha chiesto e ottenuto dalla pm titolare del fascicolo d’inchiesta, Antonia Sartori, in via eccezionale ha dato il nulla osta per consentire che Giuliano potesse ricevere l’ultimo “abbraccio” di mamma e papà. Un gesto di umanità.

«Mia moglie non se l’è sentita. Io non so dove ho trovato il coraggio ma so che era mio dovere andare da Giuliano» dice con la voce spezzata da un silenzio colmo di lacrime. «Con me ci sono sempre stati due carabinieri, è la prassi. Ringrazio loro per la comprensione e anche la viceprocuratrice».

Poi mancano ancora le parole di fronte all’immagine di Giuliano steso sul lettino, coperto da un telo che lascia vedere solo il viso.

«Era bello, mio figlio era bellissimo. Non mi sono potuto avvicinare, toccarlo, abbracciarlo».

 

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Il Gazzettino