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BELLUNO - Altro che 7 kg in 7 giorni, come nel celebre film del 1986 con Verdone e Pozzetto. Nicolò Pierni, che peraltro non ha bisogno di diete dimagranti, ha corso 4 maratone in 29 giorni. La prima domenica 5 marzo, a Bologna, conclusa con il record personale di 3h10’09”; la seconda due settimane dopo a Roma, il 19 marzo: 3h26’16” il crono; terza tappa, la maratona del Garda (26 marzo), completata in 3h26’58”; quarto appuntamento con i 42,195 km più simbolici del pianeta, domenica scorsa a Milano, in 3h14’44”.
NEONATO DI 900 GRAMMI
E Nicolò, per chi non lo conoscesse, deve fare i conti fin dalla nascita, 32 anni fa, con una serie di problemi non di poco conto. Mamma Denise lo mise al mondo al settimo mese di gravidanza, 27 settimane invece della consuete 40 nel grembo materno. Un neonato di soli 900 grammi, meno di un chilo di peso. Le conseguenze di essere quindi un “grande prematuro” le sopporta tuttora, qualche anomalia cardiaca e un polmone solo per esempio. Senza dimenticare che è audioleso. Si capisce bene quindi come per lui ogni nuovo capitolo di una vita meno semplice di quelle “normali” rappresenti una sfida.
GELINDO BORDIN IL MODELLO
In questo periodo Nicolò è entrato in una dimensione di corridore alla Gelindo Bordin, non a caso citato dal maratoneta bellunese come punto di riferimento e modello per criteri e carichi di allenamento.
RECORD MONDIALI IN PISTA
«Dopo queste maratone sto pensando a 5 e 10 mila in pista - conferma Nicolò, tesserato per l’Atletica Dolomiti di Belluno -: i record mondiali T44 sono 29’30” e 1h03’». Tempi tranquillamente alla sua portata: «Domenica nella maratona di Milano sono passato al decimo km in 42 minuti», assicura Pierni.
LA MOTIVAZIONE
In attesa delle prossime prestazioni, la mente torna alle 4 maratone in 29 giorni e alle parole che Nicolò scelse per spiegarci, in un’intervista pubblicata un mese fa, dopo il record mondiale T44 stabilito a Bologna, cosa lo spinga: «La mia motivazione? Partiamo dal concetto che io non devo niente a nessuno, se non a mia madre. Corro per passione, per la mia salute, per un senso di rivalsa. La vita mi ha tirato tante sberle, rialzarsi per me è la normalità. A me piace quando la gente mi dice “quella cosa non riesci a farla”. Io non rispondo, non dico niente, lavoro a testa bassa. Mi piace dimostrargli il contrario. Una volta lo facevo per gli altri, adesso per me stesso. Non ci sono limiti, né scuse. Se la vuoi, una cosa, te la vai a prendere». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino