OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
VERONA - In provincia di Verona ha operato un'organizzazione di stampo mafioso collegata all'ndrangheta calabrese. Lo ha stabilito il Tribunale scaligero, presieduto da Pasquale Laganà, con l'attesa sentenza emessa ieri sera, attorno alle 21, a carico di venti imputati, accusati di aver operato illecitamente, a vario titolo, a favore del cosiddetto clan Giardino, aderente all'organizzazione criminale calabrese. I pubblici ministeri veneziani Lucia D'Alessandro e Stefano Buccini hanno contestato, oltre all'associazione per delinquere di stampo mafioso, anche i reati di estorsione, truffa, riciclaggio, corruzione, turbativa d'asta, fatture false, traffico di droga. E l'impianto accusatorio (erano stati chiesti complessivamente quasi 300 anni di carcere) è stato in gran parte confermato.
LE PENE
La pena più pesante, 30 anni di reclusione, è stata inflitta ad Antonio Giardino, 54 anni, detto "il Grande", considerato il capo indiscusso.
ECONOMIA INFILTRATA
Per ricostruire le attività illecite, gli investigatori si sono avvalsi di numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, i quali hanno raccontati che l'organizzazione radicata nel Veronese aveva principalmente il compito di ripulire i soldi sporchi: niente azioni eclatanti, che avrebbero richiamato l'attenzione delle forze dell'ordine. L'obiettivo era quello di infiltrare l'economia: tra gli affari finiti sotto inchiesta, alcuni hanno toccato anche Amia, la municipalizzata dei rifiuti del Comune di Verona, che si è costituita parte civile al processo a fianco di Cgil e Regione Veneto. A quest'ultima il Tribunale ha riconosciuto una provvisionale di 150 mila euro, come anticipo del risarcimento danni da quantificare in sede civile; 15mila ciascuno sono stati liquidati ad Amia e Cgil. Per le motivazioni della sentenza bisognerà attendere tre mesi. La prima tranche del processo, celebrata con rito abbreviato (e in attesa dell'appello), si era conclusa alla fine del 2021 con la condanna di altri 20 imputati. Tra i nomi più noti quello di Andrea Miglioranzi ex presidente della municipalizzata Amia, accusato di corruzione e condannato a 2 anni (senza aggravante mafiosa). Assolto invece per l'ex direttore Ennio Cozzolotto. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino