JESOLO - Eraclea ai camorristi, Jesolo agli ndranghetisti. Una spartizione decisa a tavolino? Difficile stabilirlo. Certo che a leggere le carte delle inchieste, questa combine...
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PRIMO INTERROGATIVO
Come è potuto avvenire il contagio mafioso anche in uno dei più esclusivi e rinomati green d'Italia se non d'Europa? E' l'interrogativo che si impone a seguito delle puntuali indagini dei carabinieri del Ros di Padova sulla società, la Golfone srl poi fatta fallire e rinata con il nome di New Golfone srl, che dal 2014 ha preso in carico al Golf Club di Jesolo la conduzione degli impianti sportivi e ricettivi e della loro manutenzione, è che da quattro mesi è sotto sequestro a seguito dell'arresto per 416 bis dell'amministratore, Antonino Defina, vibonese di Sant'Onofrio. Il 53enne, insieme ai fratello Francesco detto Franto e Salvatore detto Turi Arona, è considerato dagli investigatori al vertice del sodalizio affiliato ai Bonavota e attivo nel torinese, in particolare fra i comuni di Carmagnola e Moncalieri. Ancora una volta, come sempre avviene quando si tocca la mafia, la cura si trasforma in cancro. Silenzioso e spesso letale.
L'INGRESSO SOFT
L'ingresso nella struttura attraverso la società che al tempo era titolare del contratto di gestione, la International Golf Holding, è stato soft: anzi accolto quasi in maniera risolutiva per superare un momento di crisi di liquidità. Il tutto all'oscuro della proprietà che in questa vicenda è parte offesa e che si ritrova a dover fronteggiare anche il mancato introito dei 200mila euro annui di canone ora che è riscosso dall'amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Torino. Senza contare il danno d'immagine che deriva da un'inchiesta in cui il reato contestato agli indagati è quello di associazione per delinquere di stampo mafioso.
LE MIRE SUGLI HOTEL
Dai riscontri investigativi, Defina e compari, erano intenzionati ad allargare i loro interessi a Jesolo anche acquisendo alberghi, negozi e altri locali al di fuori del perimetro della struttura golfistica. L'obiettivo era quello di riciclare i soldi sporchi derivanti dal traffico di droga, dalle estorsioni, dalle rapine, dagli incassi delle slot machine installare in bar e tabaccherie, dall'emissione di fatture per operazioni inesistenti che servivano a svuotare le società entrate nel loro mirino e poi lasciate morire. I piani dei calabresi sono stati bruscamente interrotti dall'operazione Carminius , con il blitz del Ros dell'Arma e del Gico della Finanza, condotto lo scorso 18 marzo fra Vibo Valentia e Torino.
Monica Andolfatto Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino